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Lo sapevi che: Per 7 anni a Montevergine fu’ nascosta la Sacra Sindone?

MONTEVERGINE, UN RICORDO LONTANO: SETTEMBRE 1939

DI: Gabriella Cundari

Come in un film, si svolge l’operazione di “salvataggio” della sacra Sindone trasferita, sotto vigile ma invisibile scorta, dalla Città del Vaticano al Santuario di Montevergine, dove resterà, in assoluto incognito, tranne che per pochissimi e autorevolissimi “addetti a lavori”, fino al 29 ottobre del 1946.

Era il 7 settembre di quell’anno sventurato – da sette giorni la Germania aveva invaso la Polonia – che l’Abate Ramiro Marcone fu convocato telegraficamente in Vaticano dal Sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovan Battista Montini, nientemeno, destinato al triregno.

Non ci furono al suo arrivo nei palazzi apostolici, grandi convenevoli né attese: il Cardinal Luigi Maglione, Segretaria di Stato, lo attendeva con ansia, volle vederlo subito. Don Ramiro non riusciva a comprendere il motivo di tanta fretta, dal quel burocratico telegramma di convocazione- perché non lo avevano avvisato per telefono?- a quella fulminea introduzione nello studio del Segretario di Stato. “Il re – cominciò quest’ultimo senza preamboli – ha fatto trasferire, data la situazione internazionale, la Sacra Sindone al Quirinale. Adesso ci chiede di ricoverarla in Vaticano, non la vede sicura nemmeno nella “reggia”.

Don Ramiro, parliamo per ricordo delle sue parole – cominciò a capire finalmente il motivo di tanta sollecitudine.”Gli abbiamo fatto sapere che nemmeno il Vaticano – riprese Maglione – sarebbe sicuro se anche l’Italia, com’è certo, entrerà in guerra. Abbiamo pensato a Montevergine, eccelenza”

Passarono neppure 18 giorni, e il 25 settembre la Sindone, trasportata a Montevergine in automobile, senza nessuna apparente scorta militare, ma sotto l’affettuosa vigilanza di Monsignor Paolo Busa, primo cappellano del Re e custode, a Torino, dell’eccezionale reliquia, e di Monsignor Giuseppe Garglio, secondo Cappellano del Re, fu consegnato all’Abate Marcone, il quale -recita il verbale di consegna- “l’accetta lieto di poter conservare nel Santuario sì preziosa Reliquia”.

La cassetta d’argento contenente la Sindone, lunga m. 1.40, larga m.0.365 e alta m.0.28, venne collocata di notte sotto l’altare del Coretto(dove i monaci recitavano il Vespro) chiusa a chiave da un robusto paliotto di legno, nel Santuario di Montevergine. Lo speciale evento ha aumentato il fascino e la sacralità dell’abbazia Irpina devota alla Mamma Schiavona. Testimoni furono D. Bernardo Rabasca e Mons.Giuseppe Cariglio”.

Tutto si era svolto, naturalmente, in grandissimo segreto: dall’Abate e da Don Bernardo Rabasca erano stati messi al corrente del segreto solo il Vicario Don Anselmo Tranfaglia – che sarà Abate dal 1952 -, il “superiore invernale” del Santuario e il “padre sacrista”, e solo perché stessero all’erta per ricoverare la Sindone, “in caso di eventuali incursioni aeree” nella ben più munita galleria sotterranea che unisce il monastero al cosiddetto Ospizio Nuovo.

Passa la guerra, i tedeschi restano, tra la tarda estate e il primo autunno del 1943, padroni assoluti di gra parte dell’Italia meridionale; si fortificano anche a Montevergine ma non li sfiora neppure il sospetto che in quel santuario si celi una delle più eccezionali reliquie della cristianità!

E il 29 ottobre 1946 la Sindone lascia intatta e riverita da una folla acclamante, a cui il Cardinal Fossati, Arcivescovo di Torino ha concesso, quasi a titolo di ringraziamento, un’esposizione eccezionale della miracolosa immagine: Al santuario di Montevergine, annota il solerte cronista, è rimasta custodita, come “in riposte mura”, precisamente sette anni, un mese e quattro giorni!

(da Agenda online.it et Al)
Le immagini: la cassetta ricevuta,  la casseta ritorna a Torino
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