Leggende di Napoli

Conosci la leggenda dei colli di Napoli: Poggioreale, Capodimonte, San Martino e Vomero ?

La leggenda dei colli di Napoli Napoli, città di leggende e miti, una delle più belle, ce la racconta la magistrale Matilde Serao

La leggenda dei colli di Napoli o  storiella dei quattro fratelli? Io ve la narrerò.

Una volta, allora, allora, nel tempo dei tempi, v’erano quattro fratelli che s’ama vano di cordialissimo amore e non si staccavano mai l’uno dall’altro.
Erano belli, giovani, freschi, aitanti nella persona e sulle giovani teste bens’addicevano le ghirlande di rose. Ognun di loro arse in segreto per una fanciulla, né se ne confidarono il nome; ma la sorte malaugurata riunì tutti gli amori dei quattro fratelli in una donna sola.
Ella nessuno di quelli voleva amare.

Asperrima guerra sarebbe sorta tra loro e sangue fraterno sarebbestato sparso, se una notte la loro bella non fossesparita per sempre.
Ma essi, pazienti ed innamorati, l’aspettano da migliaia di anni: sono cangiati in quattro colli ameni e fioriti che dal loro nome si chiamano Poggioreale, Capodimonte,  San Martino, e Vomero e l’uno accanto all’altro,immobilmente innamorati, aspettano il ritorno di co lei che amano.
Fioriscono le primavere sul loro capo, s’infiamma l’estate, piange l’autunno, s’incu pisce la nera stagione; ed i poggi non si stancano d’aspettare. Ma l’amore della bella assente è scarso al confronto dell’amore per una bella sempre presente e crudele.

La sapete voi la seconda storiella?

Vi fu una volta un giovanetto leggiadro e gentile, nel cui volto si accoppiava il gaio sorriso dell’anima innocente al malinconico riflesso di un cuore sensibile; egli era nel medesimo tempo festevole senza chiasso e serio senza durezza. Chi lo vedeva lo amava; e la gente accorreva a lui come ad amico, per allietarsi della sua compagnia.
Ma il bel giovanetto fu molto infelice, molto infelice; gli entrò nell’anima un amore ardente, la cui fiamma, che saliva al cielo, non valse ad incedere il cuore della donna che egli amava. Era costei una donna di campagna, cui era stato dato in dono la bellezza del corpo, ma a cui era stata negata quella dell’anima: ella era una di quelle donne incantatrici, fredde e sprezzose che non possono né godere, né soffrire.
Paiono fatte di pietra, di una pietra levigata, dur a e glaciale; vanno in pezzi ma non si ammolliscono; cadono fulminate ma non muoiono. Tale era Nisida, colei che fu invano amata dal giovanetto, poiché nulla valse a vincerla.
Allora lui che si chiamava Posillipo, amando invano la bella donna che viveva di faccia a lui, per sfuggire a qu ella vista che era il suo tormento e la sua seduzione, decise di precipitarsi nel mare e finire così la sua misera vita.

Decisero però diversamente i Fati e rimasto a mezz’acqua il bel giovanetto, vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare e lei in
uno scoglio che gli è dirimpetto: lui poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate, in lui dilettandosi, lei destinata ad albergare gli omicidi e di ladri che gli uomini condannano alla eterna prigionia così eterno il premio, così eterno il castigo.

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