Antonio De Curtis TotòPersonaggi napoletani

“Eduà, Eduà mi raccomando. Quella promessa: portami a Napoli”. Cosi’ se ne andava Totò

“Eduà, Eduà mi raccomando. Quella promessa: portami a Napoli”. Cosi’ se ne andava Totò. Sono passati 50 anni dalla sua scomparsa, ma Napoli non si è mai rassegnata alla perdita del principe della risata.

Di Redazione

“Eduà, Eduà mi raccomando. Quella promessa: portami a Napoli”

Quante volte abbiamo sentito: “Ce dive a Totò”, in risposta a chi annuncia la sua età. Ecco, per ironizzare sull’efficienza “umana” di una persona si usa una frase che sembra leggera, ma in realtà racchiude un’amara constatazione. Una frase che serve a far capire cos’è Antonio De Curtis per il suo popolo.

Napolipiù, vuole ricordare l’uomo che più’ di ogni altro ha incarnato Napoli. Siamo commossi in questo giorno come lo erano i nostri concittadini 50 anni fa’. Non abbiamo conosciuto l’uomo ma abbiamo apprezzato la maschera, perché’ Totò ci teneva molto a questo distinguo.

Era il 15 aprile del 1967 quando scomparve il grande Totò, uno dei comici italiani più noti di tutti i tempi. I suoi film sono tutt’ora apprezzati anche all’estero.

« È morta l’ultima delle grandi maschere della commedia dell’arte. » (Nino Manfredi al telegiornale del 15 aprile 1967)

Era il 15 aprile di 50 anni fa quando il principe Antonio De Curtis uscì per sempre di scena.

Totò oggi piace a tutte le classi di età, a tutti i ceti, al nord e al sud; i suoi film ottengono ascolti elevati in tutte le tv, alla centesima replica; i libri che lo riguardano costituiscono oramai un’ampia biblioteca; la sua figuretta con la bombetta campeggia sempre nei presepi napoletani, insieme ad altre più effimere celebrità, come Maradona o Troisi.

Tutto questo il 15 aprile del 1967 nessuno poteva lontanamente prevederlo.

Ecco il terno di Totò.

Cosi’ se ne andava Totò il 15 aprile 1967

La sera del 13 aprile all’autista, Carlo Cafiero, che lo accompagnava a casa a bordo della sua Mercedes, Totò confessò:“Cafie’,non ti nascondo che stasera mi sento una vera schifezza”.

A casa il sorriso di Franca gli restituì’ un pò di serenità,ma dei forti dolori allo stomaco lo costrinsero a chiamare il medico,che giunto subito gli somministrò dei medicinali raccomandandogli di stare tranquillo.

Trascorse l’intero pomeriggio del 14 aprile in casa a parlare con Franca del futuro, dell’estate che sopraggiungeva e del suo desiderio di godersi le vacanze a Napoli, sopra Posillipo.

A sera consumò una minestina di semolino e una mela cotta,poi i primi sintomi: tremore e sudore.
“Ho un formicolio al braccio sinistro” mormorò pallidissimo. Franca capì subito:era il cuore.Fu avvertita la figlia Liliana,il medico curante, il cardiologo professor Guidotti, il cugino-segretario Eduardo Clemente.

Gli furono somministrati dei cardiotonici, ma le condizioni non migliorarono. Alle due di notte si svegliò e rivolgendosi al cardiologo disse “Professò,vi prego lasciatemi morire,fatelo per la stima che vi porto. Il dolore mi dilania, professò.Meglio la morte” e rivolgendosi al cugino “Eduà, Eduà mi raccomando. Quella promessa: portami a Napoli”.

Le ultime parole furono per Franca “T’aggio voluto bene,Franca.Proprio assai”. Erano le tre e trenta del 15 aprile 1967.

Il 17 aprile alle 11,20 la salma viene portata nella chiesa di Sant’Eugenio in viale Belle Arti e dopo una semplice benedizione, inizia l’ultimo suo viaggio a Napoli.

Sono passati 50 anni dalla sua scomparsa, ma Napoli non si è mai rassegnata alla perdita del suo familiare più caro, il più Napoletano che sia mai esistito sulla faccia della terra.

I magnifici retroscena di Miseria e Nobiltà svelati da Peppeniello.

Alcune fonti: antoniodecurtis.com, Pier Paolo Pasolini G. Brunetti.