luoghi comuni e stucchevoli clichè.
Di: Ramon Burra per Napoletanosinasce.com
06/11/2015- 13:45:01
La teoria autoctona, così dilagante, applicata al calcio è certamente romantica e struggente in linea emotiva, ma è altresì superficiale, banale e onestamente estenuante.
La filastrocca dei “giocatori nati nella stessa città della squadra di appartenenza che sudano la maglia, sputano sangue, danno forza, cuore e grinta…” – mode on – è una favoletta avvincente, persino ipnotica ma senza dubbio retorica e resa obsoleta dalla storia.
Le squadre che hanno segnato le Epoche nel calcio avevano giocatori stranieri nei ruoli chiave.
“Il Milandisacchi” era nella colonna vertebrale di Gullit-Rijkaard e Van Basten.
La Juve di Lippi aveva il numero 10 più forte del momento, Campione d’Europa e del Mondo, Zizù Zidane, e davanti a lui c’era David Trezeguet che segnava come un distributore automatico.
E questo senza contare dietro la diga verticale di Davids e Montero. Dell’Inter del “Triplete” manco a parlarne, per trovare un solo italiano bisognava far alzare Materazzi dalla panchina. E ancora: che ne sarebbe della Juventus attuale senza Tevez, Pogba e Vidal?
E sorvolo, volutamente sul Napoli di Maradona perchè qui si parla di calcio e non di religione.
Ma non pensiate sia solo una vicenda italiana. In Spagna, Nazione dall’altissimo senso di appartenenza, il mitico Real Madrid Anni 80 de “la quinta del Buitre”, vicino a Emilio Butragueno ci mise prima Valdano e poi il bomber messicano Hugo Sanchez. Facevano vagonate di gol.
E i Blancos hanno proseguito sulla strada della gloria vincendo la “novena” e la “decima” diventando Galacticos in un periodo aureo in cui sono sfilati in rosa Zidane, Ronaldo, Beckham, Figo, fino ai giorni nostri con Higuain, Benzema, Di Maria, Bale e Cristiano Ronaldo.
E dall’altro lato i “canteristi” del Barcellona, quelli che hanno inventato l’orgoglio catalano creando per primi una scuola indigena, pensate che abbiano attinto a forze ispaniche negli anni leggendari? Il Barcellona elegante e suadente campione d’Europa degli Anni 90 era allenato da Cruijff ed in avanti aveva Romario-Laudrup e Stoichkov.
E l’attuale Barca degli “Illegali”, quello irripetibile che ha segnato profondamente il calcio planetario vincendo tutto, credete che sarebbe stata la stessa squadra UNIVERSALE se non avesse avuto nelle stagioni epiche: Henry, Eto’o, Mascherano e soprattutto Messi!?
Come si evince chiaramente non è stata certo la cultura autoctona a dirigere il vapore del pallone nei decenni. E non lo sarà in futuro.
Il senso di attaccamento, la mentalità vincente, il carattere, il cuore, l’anima, la grinta, il sentimento di appartenenza, non la conferiscono di certo una carta di identità o un luogo di nascita.
E quantunque siano certamente connotati virtuosi, se non vengono supportati da adeguate integrazioni specifiche e ben altri elementi o fattori pregnanti che muovono le corde intime del pallone, rischiano – anche nelle migliori e più suggestive iperboli – di derubricarsi in luoghi comuni e stucchevoli clichè.
© RIPRODUZIONE RISERVATA