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NON HO VISTO MARADONA MA INNAMORATO SO’

Io non ho visto Maradona. Mai. Solo dall’alto dello stadio e in tv.

Di : Fabrizio Piccolo

Non l’ho mai visto in faccia nonostante il mio lavoro mi abbia portato a seguire il Napoli negli ultimi anni della sua favola in azzurro.

O c’ero io, o c’era lui agli allenamenti a Soccavo. Io spesso, lui quasi mai. Un destino strano mi unisce al Re dei Re, perché quando avevo vent’anni ero la sua copia rifatta, stessi ricci ribelli, stessa statura, stesso fisico tendente ad ingrossarsi e calciavo di sinistro nelle partitelle di calcetto.

M’ero esercitato apposta con la mini-ball a casa, fracassando oggetti e suppellettili: solo sinistro, sempre sinistro, fino ad acquisire una prensile sensibilità prestigiatoria, utile a far bella figura nei palleggi ma non a giocar bene a pallone. Quando il suo non riconosciuto figlio maschio nacque nel giorno della mia data di nascita, il 20 settembre, ebbi la certezza che il destino giocava a divertirsi con me, a legarmi al Mito con fili invisibili.

Sapevo chi era Maradona da quando lui era solo un nomignolo da Tg: Pibe de oro, perché a 16 anni era già un fenomeno. Lo vidi per la prima volta in tv in un’amichevole tra le All Stars del Mondiale ’78 e l’Argentina campione del Mondo, che senza di lui aveva vinto la coppa a casa sua. Diego segnò a Zoff un gol che fece il giro del globo quando web e youtube non c’erano. E nel ’79 le magie che fecero lui e Ramon Diaz ai mondiali giovanili proiettarono la leggenda ovunque, tanto che quando il gemello diverso Diaz venne a Napoli, nell’83, pensavamo tutti di aver preso il secondo giocatore più forte del mondo.

La delusione fu forte, ma dopo ogni delusione c’è una gioia. E quella dell’acquisto di Diego fu cento volte più forte. Tutti sapete tutto di quella trattativa. Io avevo diciott’anni e la speranza di un popolo intero, divoravo i giornali e sentivo le tv in attesa dell’Evento. Una volta a casa del mio amico Luca chiamai anche al Corriere dello sport, penso mi rispose Rino Cesarano – non la sa neanche lui questa storia – perché volevamo aggiornamenti. Quando tutto sembrava finito presi la mia Olivetti per scrivere su un foglio a righe una lettera da mandare al Guerin Sportivo, uno sfogo di getto, per protestare contro il mondo crudele.

Ma quella lettera non l’ho mai mandata. Squillò il telefono ed era il mio amico Pino. “Parvùs, abbiamo preso Maradona”. Ma dai, ma che scherzo è? Non era uno scherzo. All’alba comprai tutti i giornali disponibili nell’edicola, per il mio tabernacolo personale e il resto lo sapete tutti. Epperò io non ho visto Maradona.

Neanche quando assieme ad altri colleghi, prima della celebre gara di Coppa dei Campioni di Mosca, eravamo tutti assiepati sotto casa sua, a via Scipione Capece, aspettando che si decidesse ad uscire e a raggiungere la squadra che era già in Russia. Uscì da una porta secondaria e non lo vedemmo. Assieme a Gustavo andammo all’aeroporto ipotizzando una sua furbata, arrivammo a Capodichino troppo tardi: s’era già imbarcato.

Di lì a qualche mese sarebbe andato via per tanti anni. Quando tornò per la partita dei saluti non ero a Napoli, lavoravo a Roma. Vidi in tv quello show da brividi mentre saltava con dribbling e spintoni quell’oceano di fotografi, all’uscita dal tunnel, per andare ad abbracciare la sua folla che lo osannava “O mammamammammma, o mammammamammma, sai perché innamorato sò”, lui ringhiava, muggiva, correva impazzito. Come il cuore nostro. E io saltavo davanti alla tv mentre scrivevo e raccontavo l’emozione del Ritorno.“Ommammammammamamma, o mammammammama, sai perché innamorato so”.

E non l’ho visto mai. Quando pure era qui, e quando è tornato. Ma pure io, come tutti, innamorato sò. Grazie Diego. Auguri di buona vita.

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