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Fabio Cannavaro: " Sarri ha grande esperienza, quando passo dal San Paolo, ho tanta tristezza."

Cannavaro.

«IN ITALIA NON CI SONO PIÙ I DIFENSORI DI UNA VOLTA».

Fabbio Cannavaro ha rilasciato una lunga intervista alla gazzetta dello sport:

Fabio Cannavaro è stato uno dei più grandi difensori della storia del calcio italiano. Cresciuto nel Napoli, ha poi giocato con Parma, Inter, Juve e Real Madrid. Ha chiuso la carriera negli Emirati Arabi. Sarà ricordato per sempre come il capitano dell’Italia campione del mondo a Berlino nel 2006: alzò lui la coppa al cielo. Oggi è allenatore e da poco, ai primi giugno, è stato esonerato dal Guangzhou, la squadra cinese che aveva «ereditato» da Marcello Lippi.

Com’è il calcio italiano visto da fuori?
«Non vive un bel momento, malgrado la finale di Champions. Nessuno ha il coraggio di cambiare, di investire su giovani e strutture: quando passo dal San Paolo mi viene la tristezza. Ci siamo venduti anche i diritti del pre-partita: cosa resterà quando serviranno
altri soldi? Qui allo Zenit, Villas Boas si lamenta che il governo lo obblighi a schierare cinque russi per proteggere la nazionale. Da noi sarebbe discriminazione, e comunque è un po’ tardi per far crescere i giocatori arrivati in prima squadra, ma almeno è un tentativo».

Rugani-Romagnoli sono Nesta-Cannavaro del futuro?
«Forse, se li lasceranno crescere. Noi alla loro età eravamo più pronti, abituati da test più difficili. Non è colpa loro se il mercato fa certe valutazioni e li carica di tali aspettative».

Al Napoli è in corso una mezza rivoluzione, da Sarri a Valdifiori…
«Benitez va/resta è stato l’alibi per i risultati della stagione passata. Sarri, come Mihajlovic, ha belle idee che contano più dell’esperienza. E non è vero che viene dal nulla: allena da 20 anni. Qualcuno pensa che conti solo allenare in A, ma non è più così».

Maradona che non è che si allenasse con continuità…
«Non è l’allenatore che in casi del genere fa un trattamento speciale. I compagni si rendono conto di dover correre un po’ di più per quei fenomeni che li faranno vincere».

Lei ha imparato da…?
«Dai miei tecnici, cominciando da Lippi e dal suo coraggio nel leggere le partite. Poi Capello nella gestione di certi giocatori, Malesani per la fase offensiva, Ancelotti per quella difensiva, Trap, Sacchi, ma anche De Lella e Sormani che nella Primavera del Napoli mi insegnarono a comportarmi. Oggi i giovani quasi non ti salutano. E non dite che è la playstation»

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