Cultura Napoletana

Il Diamond Dogs di Napoli la storia di un locale particolare

Il Diamond Dogs di Napoli, aperto nell’84 nelle budella del rione Sanità e durato pochi anni.Il Dogs è un locale con una storia che ci illumina ancora.

Di Alba Solaro

IL DIAMOND DOGS DI  NAPOLI, QUANDO  IL PUNK ERA CUSTODITO NELLA CAVERNA

Se Londra quest’anno festeggia il quarantennale del punk, Napoli risponde con le celebrazioni dell’ultratrentennale Diamond Dogs. Che lotta! Per una certa nicchia generazionale, il solo nominare questo locale rock nato nelle budella del rione Sanità nell’84 e durato pochi anni, fa scintillare gli occhi.

Ci si arrivava scendendo ripidi scalini, l’aria era sempre saturadi fumo e altro (il mondo pre «vietato fumare»!), la luce scarsa, la musica tanta, punk, post-punk, dark, la cabina di un furgone divelta a fare da postazione per i dj; le pareti della caverna principale e dei cunicoli intorno erano tutte graffitate, si stava nel ventre di Napoli sognando i club di Berlino (e il nome, manco a dirlo, era quello di un album di David Bowie del ‘74).

Il Diamond Dogs di Napoli era un ex rifugio antiaereo

Il posto era stato un rifugio antiaereo durante la guerra, racconta Toty Ruggieri, fotografo che ha dedicato un libro al Diamond Dogs : «Si trattava di una di quelle caverne di svuotamento di cui Napoli è piena nel sottosuolo, tiravano via il tufo per costruire i palazzi e restavano questi antri».

«All’epoca non c’era nulla di alternativo in città, giusto le discoteche classiche, e questo posto alla Sanità era stato proprio una discoteca, di quelle anni 70 da scappatina, ci andavano i fascistelli per rimorchiare le ragazze». All’alba dell’84 là sotto era tutto vuoto e abbandonato. Agonizzante come Napoli: «Il terremoto del 1980 aveva messo la città in ginocchio, si usciva dagli anni del terrorismo e si stava entrando in un’altra dimensione, c’era la camorra, c’era che Napoli era diventata la più grande piazza di spaccio europea, se passavi in certe zone uscivi sballato solo a respirare» ricorda Ruggieri, che aveva studiato arte,faceva il fotografo per giornali come Frigidaire ed era amico di Salvio Cusano, uno dei fondatori del Diamond Dogs (morto di tumore poco tempo fa). «Eravamo per lamaggior parte reduci del movimento del ‘77, si usciva da quell’esperienza con le ossa rotte, però, hai presente la famosa frase “la fantasia al potere”? Ecco, con il Diamond Dogs l’abbiamo realizzata ».

È così che nell’Italia della moda, dei paninari e dell’edonismo reaganiano, non nell’operoso settentrione ma nella piccola e fragorosa scena punk partenopea, tra «pezzi d’avanguardia proletaria di periferia e fratelli e sorelle morfine» (la frase è di Salvio Cusano) prese vita
quest’avventura straordinaria. «Venivano anche da Londra per vedere il locale! Fu un momento di grandissima creatività, arrivarono in concerto i Christian Death, Nick Cave, ricordo una band guidata da tale Carletto che faceva punk in latino, epoi c’erano proiezioni, si ballava e si sperimentava ».

E con lo stesso slancio con cui tutto è iniziato, nel 1987 tutto è poi finito, perché stavano cambiando i tempi, e il Diamond Dogs non sarebbe mai potuto diventare un locale fighetto.