Francesco Acerbi è stato assolto dal Giudice Sportivo dalle accuse di razzismo, una sentenza che ha fatto esplodere le polemiche sul sistema giustizia nel calcio italiano.
Francesco Acerbi è stato assolto dal giudice sportivo. la sentenza ha riacceso il dibattito infuocato sulla giustizia sportiva in Italia. Il difensore dell’Inter, accusato di razzismo da Juan Jesus del Napoli durante l’ultima stracittadina, è stato prosciolto da ogni addebito dal Giudice Sportivo Gerardo Mastrandrea, scatenando un putiferio di polemiche.
L’accusa di Juan Jesus
Tutto era nato dalle pesanti accuse mosse da Juan Jesus al diretto termine di Inter-Napoli. Il centrale brasiliano aveva denunciato all’arbitro La Penna di aver subito un’offesa razzista da parte di Acerbi, aprendo un caso dai contorni scivolosi.
L’assoluzione a sorpresa
Contro ogni previsione, però, il Giudice Sportivo ha deciso di assolvere completamente Acerbi, non ravvisando prove sufficienti per infliggergli una squalifica. Una sentenza che ha fatto esplodere un vero caso nell’opinione pubblica.
Le polemiche si moltiplicano
L’assoluzione dello stopper nerazzurro ha immediatamente alimentato un dibattito rovente attorno alla credibilità della giustizia sportiva in Italia. In tanti hanno storto il naso di fronte ad un’assoluzione definita “vergognosa” e “ingiusta” dal noto giornalista Paolo Ziliani.
Il sospetto di un nuovo “patteggiamento”
C’è chi ha paragonato il caso Acerbi al recente “patteggiamento” della Juventus, ipotizzando l’ennesima “terza via” italiana a discapito della lealtà e della giustizia sportiva. Un sospetto che mina ulteriormente la fiducia nell’intero sistema calcistico.
La delusione dei tifosi
I tifosi, spesso già molto scettici sulla reale imparzialità della giustizia sportiva, hanno accolto con grande delusione questa sentenza. Una decisione che rischia di minare ulteriormente il rapporto tra gli appassionati e il “padrone di casa” della Serie A.
Insomma, l’assoluzione di Acerbi ha riacceso un polverone destinato a lasciare strascichi importanti. Un caso che rilancia l’annoso dibattito sui reali criteri della giustizia calcistica italiana, troppe volte accusata di favoritismi e ingiustizie varie.