Cento anni fa lo Zeppelin bombardò Napoli. Il dirigibile della Marina tedesca, Zeppelin L 59, sganciò il suo carico di morte anche sui civili. Furono centrati prima i Quartieri spagnoli e Piazza Municipio, quindi Posillipo. Malgrado Napoli disponesse di una difesa contraerea, nessuno aveva mai immaginato di doversene servire realmente.
Quando lo zeppelin bombardò Napoli
Esattamente cento anni fa lo Zeppelin bombardò Napoli. Nella notte fra il 10 e l’11 marzo del 1918, di ritorno da una missione in Africa, lo Zeppelin L 59, il dirigibile della Marina imperiale tedesca avvistò le luci di Napoli che si specchiavano nell’acqua calma del golfo: «il grande uccello europeo», come le atterrite popolazioni africane avevano ribattezzato questo gigantesco velivolo di oltre 226 metri di lunghezza, stava per colpire la città addormentata. Procedendo con i motori a basso regime per non far rumore, a una velocità di circa 70 chilometri all’ora, e reso invisibile dall’oscurità, lo Zeppelin sorvolò Napoli a 4800 metri di quota. Trasportava 6.400 chilogrammi di bombe da sganciare sul porto, sull’Ilva di Bagnoli e sui cantieri Armstrong di Pozzuoli.
Lo Zeppelin ferì Napoli
All’una e trenta in punto, il comandante Ludwig Bockholt ordinò di iniziare il bombardamento ma, a causa di un errore nel calcolo della posizione, le bombe non centrarono gli obiettivi previsti e colpirono prima i Quartieri spagnoli e Piazza Municipio, quindi il Corso Vittorio Emanuele e infine Posillipo. Annunciati da un fischio acuto e agghiacciante che squarciava la notte, gli ordigni esplosero nel cuore di quartieri densamente abitati, provocando crolli, incendi e vittime fra la popolazione inerme.
lo Zeppelin aveva sorvolato la città silenzioso come un alito di vento…
Malgrado Napoli disponesse di una difesa contraerea, nessuno aveva mai immaginato di doversene servire realmente. E il motivo era semplice: l’eventualità di un’incursione dell’aviazione nemica a così grande distanza dal fronte. L’ipotesi infatti continuò a venire scartata persino dopo l’attacco, anche perché nessuno aveva riferito di aver sentito il rombo di un aeroplano: lo Zeppelin aveva sorvolato la città silenzioso come un alito di vento e, dopo aver sganciato il suo carico di bombe, era svanito nel nulla. Ma alle spalle si era lasciato macerie e cadaveri: cinque morti ai Granili, con oltre quaranta feriti. Undici vittime e trentacinque feriti a Posillipo. Altre due nei Quartieri. Solo in un secondo passaggio il dirigibile riuscì a colpire Bagnoli, causando tuttavia danni irrisori.
Napoli piombò nel caos
Brutalmente risvegliata dal sonno, Napoli piombò nel caos più totale. E la paura cresceva con la spericolatezza delle ipotesi che venivano formulate, molte delle quali lasciavano presagire il possibile ripetersi di simili attacchi. La tesi più accreditata fu che le esplosioni fossero frutto di attentati compiuti da spie nemiche annidate in città, ma non si escluse nemmeno che dietro potesse esserci la mano degli anarchici o addirittura che si trattasse di una assurda rivolta popolare.
La fine dello Zeppelin L 59
Lo sdegno, in un’epoca in cui ancora si credeva in una sorta di etica della guerra, fu enorme. La fine dello Zeppelin L 59, comunque, fu immediata: il 7 aprile, nel corso di un’incursione su Malta, esplose in volo e precipitò con l’intero equipaggio.
Fonte: Flavio Pagano – Corriere del Mezzogiorno