Le Interviste

Bruscolotti: ” il mio Napoli oggi avrebbe vinto staccando la juve”

Bruscolotti: ” il mio Napoli oggi avrebbe vinto staccando la juve”. L’eterno  palo e fierro Cinquecentoundici presenze con la maglia azzurra apre il cassetto dei ricordi.

di Riccardo Rosa CdM

 palo e fierro apre il cassetto dei ricordi

Once a legend, forever a legend, si potrebbe dire parafrasando il celebre motto inglese, sostituendo a piacimento il termine leggenda con quello di capitano o con l’eterno soprannome di palo e fierro. Cinquecentoundici presenze con la maglia azzurra (record assoluto). Maradona ogni volta che lo incontra, in pubblico e in privato, toccandosi il braccio e mimando il gesto di indossare la fascia più bella, quella con su stampata la lettera C. «Peppino, vieni qui», ripeteva D10s quel dieci maggio di trenta anni fa, indicando quel marcantonio con la numero due come il vero capitano del Napoli.

Lei gliela lasciò

«Diego mi è sempre stato molto grato di avergli dato la fascia. Era un calciatore e un uomo immenso, ma, o forse proprio per questo, ci teneva a certe cose. Per lui indossare quella fascia significava molto».

Bruscolotti ci racconti  come andò?

«Fu tutto molto naturale. Durante il ritiro l’avevo visto particolarmente carico, responsabilizzato. Era venuto per vincere e voleva comunicare questa sua voglia a tutti. Insomma, era la giusta cosa da fare, Diego si rivelò infatti un grande capitano».

In che senso?

«In tanti anni non gli ho mai sentito dire una parola fuori posto a un compagno. Mai un rimprovero, una smorfia negativa. Sempre e solo incoraggiamenti, e non so se rendo l’idea di cosa significhi per un calciatore sentirsi dire da Maradona: sei il più forte. Lui lo sapeva, e utilizzava questo carisma per caricare la squadra.

Sono passati trentanni sembra  un eternità Si vedono tutti, il calcio è cambiato completamente. Nel mio reparto più che in altre zone del campo. All’epoca entrare in un area di rigore non era una cosa facile, oggi si parla di occupazione della zona, lavoro sugli spazi ma poi anche gli attaccanti più scarsi arrivano in doppia cifra.

Se in quegli anni uno come Maradona faceva quindici-diciassette gol a campionato, vuol dire che le difese erano messe un po’ meglio».

Anche quel Napoli aveva grandi difensori.

«In testa c’era Ferrario. Un amico, con cui ho condiviso undici anni di spogliatoio. E un calciatore fortissimo. Non ha avuto dal calcio italiano quello che meritava, a cominciare dalla nazionale. Ma giocare con lui era un piacere.

Quell’anno, nonostante un mercato di tutto rispetto (De Napoli, Carnevale, Volpecina e poi Romano) la partenza fu stentata. Si, facemmo quattro punti in tre partite. Poi scattò qualcosa prima e dopo la vittoria col Torino. Eravamo la squadra più forte, e lo sapevamo. Dovevamo dimostrarlo agli altri»

Oggi cosa farebbe quella squadra?

«Vincerebbe il campionato per distacco. Guarda quei tre davanti: Maradona-Giordano-Carnevale. Chi è che ce li ha, in Serie A? In un campionato come quelli a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, Maradona farebbe cinquanta gol.

Le avversarie avevano Virdis, Vialli, Altobelli, Serena, Graziani, Diaz. Poi dall’anno dopo anche Van Basten.

E tanti altri tutti marcati, con successo devo dire. Più Platini. Era un mestiere duro, il terzino all epoca.

Dovevi essere in grado di marcare a uomo tanto il centravanti di un metro e novanta quanto la mezzala, andandola a prendere fino alla sua metà campo, sennò non la vedevi più, per come erano forti tecnicamente i “dieci”».

 

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