Federico II puniva i nemici con la mazzeratura. Una pena terribile narrata anche da Dante nella Divina Commedia e da Boccaccio nel Decameron.
di: Alex Thoromp
Federico II puniva i nemici con la mazzeratura
La mazzeratura era una terrificante punizione capitale utilizzata durante il Medioevo, in particolare nel Regno di Sicilia e nel Sacro Romano Impero: il condannato, normalmente colpevole di tradimento, veniva chiuso in un sacco e gettato in mare, dove lo attendeva una straziante morte per annegamento. Essa era simile a un supplizio molto in voga nell’Antica Roma, chiamato poena cullei.
Secondo importanti ricostruzioni, Federico II di Svevia impiegò la mazzeratura per punire dei prelati catturati durante la battaglia dell’isola del Giglio del 1241 e alcuni dei partecipanti alla fallimentare congiura di Capaccio del 1246, che, sostenuta da Papa Innocenzo IV, vide protagoniste le famiglie più influenti del Sud Italia. Nel 1287, essa pose fine anche alla vita di uno degli uomini-simbolo dei Vespri Siciliani e maestro giustiziere del Regno di Sicilia, Alaimo da Lentini.
In ambito letterario, questa pena viene citata da Dante nella Divina Commedia e da Boccaccio nel Decameron.