Pozzuoli recupera il Lopez, chiuso da anni, e lo dedica a Nino Taranto. Lucrino gli intitola la Villa comunale e Andrea Jelardi firma un libro Alla presentazione al Diana aneddoti di Tullio del Matto, Santanelli e Rivieccio.
Di: Stefano de Stefano CdM
Pozzuoli dedica un teatro a Nino Taranto
Ma siete usciti vestiti accussì leggieri, mo’ ve pigliate ‘na pulmunite». È il primo pensiero che Nino Taranto ha per i suoi attori, la sera del 23 novembre del 1980, rientrati nel Sannazaro dopo essere scappati in strada per la terribile scossa.
«Durante il sisma del 1980 Nino Taranto era sul palco con la sua compagnia al Sannazaro. Gli attori scapparono in strada, lui non uscì, rimase in sala e li aspettò. Lui, il Commendatore come lo chiamavano tutti, sistemato sotto un arco del teatro, in attesa che passasse il peggio, spiazzò tutti: la preoccupazione non era il terremoto, ma la salute dei suoi colleghi».
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A raccontare l’aneddoto è Tullio Del Matto, membro storico della compagnia di Taranto, intervenuto ieri al Diana per la presentazione di Nino Taranto. Vita straordinaria di un grande protagonista dello spettacolo italiano del Novecento di Andrea Jelardi, per la serie Oro della Kairòs curata da Anita Curci.
Non solo un libro. Per Taranto è in arrivo un teatro e la dedica della villa di Lucrino. «Fra un mese — spiega infatti Enrico Russo, presidente del consiglio Comunale flegreo — intesteremo i giardini di Lucrino al maestro Taranto e vi collocheremo la statua con la mitica paglietta a tre pizzi donata dalla famiglia. Lì di fronte infatti c’era la casa estiva, detta “La Caccavella”, dove Nino trascorreva le vacanze.
Poi restaureremo il vecchio Teatro Lopez, che si trova in centro nei pressi del Tempio di Serapide. Così, alla sua riapertura per la prossima stagione, dedicheremo anche questo spazio alla figura di Taranto».
Nino Taranto. Un grande del novecento: L’omaggio del Diana
Intanto nel foyer del Diana c’è tanta gente, venuta nel ricordo di Nino. Anche Gino Rivieccio, che ha scritto la prefazione al saggio. «La mia carriera – spiega – è iniziata nell’80 con Luisa Conte e Nino Taranto. Un signore del teatro come non ce ne sono più: mai una parola fuori posto, mai un’arrabbiatura con i colleghi. E invece tanti consigli per noi giovani. Arrivava a teatro due ore prima della messa in scena, per truccarsi con calma nel suo camerino, davanti al suo specchio come se fosse un rito».
«In molti – ricorda il giornalista Peppe Giorgio – credono che la Marì della struggente Lusingame sia una fidanzata pronta a lasciarlo. E invece no, era dedicato a sua figlia prima di sposarsi».
La stessa Maria che è in sala e che si emoziona ascoltando la «sua» canzone eseguita con passione da Lino Volpe. Manlio Santanelli ricorda poi il grande affetto di Nino per il fratello Carlo. «Quello dei Taranto è un caso unico di amore fraterno e artistico. Nino voleva sempre Carlo al suo fianco, perché era bravissimo, una sorta di stralunato Stanlio napoletano». I
nfine il padrone di casa Lucio Mirra: «Ho conosciuto Nino per il Masaniello che nel 1963 andò in scena al Diana, una gara a distanza a suon di biglietti con il Tommaso d’Amalfi, scritto da Eduardo per Modugno e in scena al Metropolitan».