Salvatore Aronica con Napoli-Chelsea raggiunge l’apice di un percorso invidiabile. Partito da Palermo, dai campi sterrati di Bagheria arriva alla musichetta Champions a Napoli, marcando Drogba.
Aronica la favola se la costruisce mattone dopo mattone, partendo dalla Sicilia bedda e arrivando a Stamford Bridge. Un tragitto che lo vede vivere pagine da brividi sullo Stretto: Messina e Reggio Calabria tappe cardine prima dell’approdo a Napoli, anche se a lanciarlo nel calcio che conta è la Juventus. ‘Totò‘, con Madama, debutta da giovanissimo in Serie A e ci vince uno Scudetto.
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ARONICA E LO SCUDETTO CON LA JUVE
I bianconeri lo pescano in D, facendogli organizzare i bagagli per lasciare Bagheria e volare a Torino. Aronica ha appena 18 anni, ma a 20 esordisce nel massimo campionato in uno Juve-Samp e a fine ’97/98 può già forgiarsi di un tricolore. Le sue emozioni, sono racchiuse in un’intervista a Goal.com.
“Era il 15 febbraio 1998, con la Juventus di Lippi e Del Piero laureatasi Campione d’Italia: sono entrato al posto di Torricelli al ‘Delle Alpi’, un ricordo indelebile”.
Alla corte della Signora per lui però non c’è posto, allora via al girovagare in cerca di fama e continuità: Aronica viene ceduto a titolo temporaneo alla Reggina prendendo confidenza con ciò che gli sarebbe capitato più in là, a Crotone trova il suo unico goal in oltre 500 partite da professionista, Firenze e Ascoli – salutata definitivamente la Juve, con cui parteciperà ‘in prestito’ a una tournée in Giappone nel 2005 – rappresentano due parentesi interlocutorie prima di dire sì al Messina e riavvicinarsi a casa.
“Una città a cui sono particolarmente legato, è stato il mio trampolino di lancio. Abbiamo vinto il campionato in Serie B e fatto l’anno dopo un grande campionato in A. È stata una grande cavalcata, aver portato il Messina in massima serie con 23mila abbonati, aver riportato tra la gente il sapore del calcio, è stato un qualcosa di fantastico”.
Lasciato il Peloro, l’ascesa di Aronica nel pallone si impenna in modo graduale ma vertiginoso: rieccolo alla Reggina, stavolta per fare la storia. Gli anni sono 28, la maturità è quella giusta per compiere imprese, il ‘Granillo’ si rivela il palcoscenico ideale su cui essere protagonista.
In amaranto conosce la gloria e Walter Mazzarri, il faro che gli consegnerà le chiavi dell’Eden per qualsiasi calciatore venuto dal basso: prima di Napoli, però, arriva la salvezza di Reggio. Sulla carta impossibile.
CALCIOPOLI
Meno 15 in classifica causa Calciopoli: il 2006/2007 dei calabresi e di Aronica – che firma proprio quell’estate – inizia con premesse che scoraggerebbero anche il più grande degli ottimisti. Invece esiste il cuore, quello che spesso azzera i problemi e ti fa andare oltre le tue possibilità: La Reggina resta in A, in riva allo Stretto si fa festa.
“È stato un miracolo sportivo salvarsi partendo da -15 prima e -11 poi, nessuno se lo immaginava. Ma con il lavoro, la voglia, l’abnegazione e l’entusiasmo ci siamo riusciti”.
ARONICA ARRIVA AL NAPOLI
Le parole di Aronica anticipano il prossimo step della sua favola, sotto il Vesuvio: dall’estate 2008 a fine 2012 sono quattro anni e mezzo in crescendo, di pari passo con la risalita del club di De Laurentiis nel calcio italiano ed europeo. Il ciclo Reja si esaurisce, la scelta di Donadoni si rivela un flop, poi arriva Mazzarri. E a ‘Totò’ brillano gli occhi.
“E’ stato il mio mentore, da inizio a fine carriera, eravamo insieme alla Reggina e poi ci siamo ritrovati anche a Napoli, io ero già in azzurro e facevo il tifo affinché arrivasse”.
Da mancino ‘spigoloso’, Aronica si rivela un pilastro del giocattolo costruito dall’allenatore livornese: la mattonella difensiva di centrosinistra diventa la sua e non la molla più, trovando l’habitat perfetto per regalarsi e regalare gioie al popolo partenopeo.
“C’era una squadra di grande qualità, giocatori importanti come Cavani, Lavezzi, Hamsik che hanno scritto la storia azzurra. Mazzarri ha puntato forte su di me, Cannavaro e Campagnaro, eravamo una linea a tre che gli dava garanzia e gli permetteva di ripartire, poi da centrocampo in su facevano la differenza. Giocare la Champions a Fuorigrotta ha un effetto diverso ed entusiasmante, lo stadio è sempre gremito, che sia una partita di quel livello o una normale gara di Serie A“.
Già, la Champions, il proscenio che il Napoli torna a riassaporare dopo l’era Maradona: la ‘banda’ Mazzarri se lo guadagna con un 2010/2011 che fa rima con terzo posto in campionato e Coppa dalle grandi orecchie, per Aronica – ripensando alla D col Bagheria – un qualcosa di clamoroso.
Fase a gironi con Bayern e City superata contro ogni previsione al cospetto di totem come Neuer, Schweinsteiger, Muller, Kroos, Ribery, Yaya Tourè, David Silva, Aguero e Tevez, seguita dalla doppia sfida col Chelsea agli ottavi. Il picco più alto della carriera di Aronica, che nel vecchio ‘San Paolo’ e a Londra si ritrova a marcare Drogba. Al netto dell’eliminazione, roba da batticuore.
“Ho avuto la fortuna di incontrare gente come lui, il ‘Kun’, Messi: era un piacere vederli giocare, si vedeva che avevano qualcosa in più di noi ed è in quei momenti che devi far valere la voglia e la grinta”.
ARONICA E LO SCHIAFFO DI IBRA
Durante le stagioni in Campania anche il celebre parapiglia con Zlatan Ibrahimovic nella partita di San Siro col Milan del 5 febbraio 2012, dove lo svedese rimedia rosso e 3 turni di squalifica per uno schiaffo ad Aronica (che colpisce Nocerino senza farsi sgamare da Rizzoli). A ‘Spazio Napoli’, il racconto di quel duello.
“In quegli anni io e Ibra ci siamo incontrati più volte e ogni volta cercavo di farlo innervosire con furbizia e malizia. A Milano ci fu quel famoso ‘buffetto’ di Zlatan nei miei confronti. Mio malgrado fu importante, perchè anche grazie alla sua espulsione riuscimmo a portare via uno 0-0. Ci tengo a specificare però che ritengo Ibrahimovic un grande campione e un grande professionista”.
Voglia e grinta si diceva, dogmi del percorso che in quell’annata da antologia col Napoli lo portano ad alzare anche una Coppa Italia battendo la Juve.
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IL RITORNO AL PALERMO
Aronica da Palermo, poi, nel dicembre 2012 a Palermo ci torna, concludendo l’intensa storia con gli azzurri e sposando la squadra della sua città.
“Ho lasciato una grande piazza, ma sono venuto qui per una maglia importante che sono orgoglioso di vestire”.
Il ritorno al Palermo non fu come se lo immaginava. Aronica ben presto si ritrovò ai margini della formazione rosanero
“Per me è stata l’esperienza calcistica più negativa. Decisi di andare a Palermo perché mi diedero un contratto irrinunciabile, poi Zamparini mi disse che ero troppo vecchio e che avevo un ingaggio troppo oneroso: dopo pochi mesi mi ha messo fuori rosa”.
ARONICA ALLENATORE
Appesi gli scarpini eccolo in panchina, inaugurando il proprio cammino 2.0 nel mondo del pallone. Gavetta con le giovanili del Trapani, poi la chance alla guida di una prima squadra: su Aronica scommette il Savoia (Serie D), affidandogli le chiavi del ‘Giraud’ e le speranze di una piazza affamata di calcio.
“Fare l’allenatore è un’esperienza che mi ha sempre affascinato. La mia carriera è stata caratterizzata dalla difesa a tre, quindi utilizzo questo stile di gioco anche qui al Savoia”.
“Ho avuto allenatori come Mazzarri, Gasperini e Ulivieri che sono stati i tecnici che hanno meglio interpretato questo sistema di gioco. Ho cercato di rubargli i segreti sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista umano. Da Gasp ho cercato di rubare la fase offensiva, da Mazzarri l’assetto difensivo e da Ulivieri, che è stato uno dei tecnici più importanti per me, la gestione del gruppo”.
Tra alti e qualche passaggio a vuoto la squadra di Torre Annunziata staziona nei piani alti del girone G, vedendo intatte le proprie ambizioni. Le stesse coltivate dall’Aronica calciatore, partito da Bagheria e arrivato in Champions attraversando lo Stretto, che però dopo 15 giornate viene esonerato. E ora attende la prossima chiamata.