Napoli-Genoa, otto cose che non avete visto

Napoli-Genoa tra i fischi al San Paolo alle reazioni di Ancelotti, Insigne e compagni. Ecco otto cose che non avete visto

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Il Napoli impatta contro il Genoa, dopo una settimana caotica tra ammutinamenti e striscioni vari. Il gruppo azzurro non riesce ad uscire dalla crisi nella quale è caduto. Il Napoli sembra una commedia di Eduardo, dolce e amara.

La gestualità di noi napoletani è data dalla necessità di esprimerci, di farci capire senza l’uso della parola. Come avremmo fatto a comunicare con turchi, spagnoli, tedeschi, francesi, non potevamo mica ogni volta imparare la lingua” amava ripetere Eduardo, Ancelotti, che non è napoletano parla correttamente 5 lingue, ma ultimamente non riesce a farsi capire dai propri giocatori. Cosa è successo in Napoli-Genoa? il giornalista di DAZN, Marco Russo, ha sintetizzato al sfida del San Paolo in otto punti. Otto cose che nessuno ha visto.

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Napoli-Genoa, otto cose che nessuno ha visto

  1. – I fischi. Quelli li avete sentiti tutti. Di tutto il San Paolo alla fine della partita. Quello che forse non tutti hanno colto è l’espressione sul volto di Lorenzo Insigne, il più contestato. Sostituito nel secondo tempo, è rimasto in panchina e a fine partita è stato il primo a scattare verso il campo. Per dare il cinque ai compagni, confortarli, soffrire con loro. Sotto la pioggia, tenendo stretto il cappuccio di un lungo giubbotto. Grigio.
  2. – Che la settimana del Napoli sia stata diversa da sempre lo capisci da tante piccole cose. Vedi che in campo accadono cose che non succedono spesso. La prima: riscaldamento, fase atletica completata. Prima di iniziare a lavorare col pallone, Insigne cerca uno per uno ogni suo compagno. E fa questo: abbraccio, “andiamo eh, forte!” , abbraccio, “andiamo eh, forte!” , abbraccio, “andiamo eh, forte!” . Così, x10.
  3. – Su questa scia: prima del calcio d’inizio, tutta la squadra si è riunita per un cerchio emotivo, stretti, abbracciati. Tutti, titolari e panchinari, insieme. Succede raramente al Napoli, non hanno bisogno di farlo in campo, davanti a tutti. Segnale di compattezza volutamente diffuso urbi et orbi.
  4. – I fischi, quelli veri, di tutto il San Paolo, ci sono stati. Ma solo alla fine. Perché fino al 95’ la sensazione è che i tifosi fossero divisi, spaccati: c’era chi contestava ma c’era anche tanta gente che applaudiva, provava a scuotere, a sostenere, a crederci “per la maglia”, come cantavano dalla Curva A. Poi, non più.
  5. Karnezis è il terzo portiere del Napoli. Cioè, il suo è quel ruolo per cui statisticamente hai meno probabilità di tutti di entrare in campo. Ne devono succedere di cose, per giocare…E forse è per questo che in panchina si siede con ai piedi le scarpe da tennis, chè sono più comode. Le scarpe da calcio le porta con se dentro a una sacca, in spalla.
  6. – I giocatori del Genoa sono l’altra faccia della medaglia. Sono felici, hanno giocato una gran partita al di là dei problemi del Napoli. Allora, a fine partita, pizza per tutti. A Napoli, poi, è ancora più buona. Verso le 23.30 vedi questi ragazzoni in divisa ufficiale con sneakers e box della pizza portato sottobraccio.
  7. – Uno dei temi della settimana, girando per Napoli, era: “Ma i giocatori hanno sfiduciato Ancelotti? E Ancelotti che rapporto ha con loro?” . In realtà, tutto sembrava scorrere in modo ordinario. Anzi. I giocatori cercavano tanto il proprio allenatore, per un confronto, per dialogare, per mettersi a posto tatticamente. Più di tutti Zielinski, Maksimovic (“Mister, io e Kouly a turno dobbiamo uscire sui loro mediani, altrimenti hanno vita facile”), Insigne (“Mister, io e Lozano dobbiamo organizzarci: mi gioca troppo sotto, non ho linee di passaggio per lui”).
  8. – A proposito di dialogo con i calciatori. Ancelotti si adatta molto, parla cinque lingue. A Fabian Ruiz e Lozano, per esempio, spesso dà le sue indicazioni tattiche in spagnolo.
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