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De Laurentiis è amico per interesse lo ha detto Massimo Ferrero. Il presidente della Sampdoria ha parlato anche di Pallotta e della Roma.
GENOA- Arrivano le parole di Massimo Ferrero al Corriere dello Sport. Il presidente della Sampdoria al quotidiano sportivo ha raccontato alcuni retroscena della sua vita, parlando tra l’altro anche di De Laurentiis e Pallotta.
«Ho quattro milioni di persone che mi seguono, sono un selfie che cammina. Sono nato povero. Al Testaccio, via Bodoni. Ho la terza elementare, mio padre faceva il tranviere. Una volta dissi ad Agnelli: “La tua famiglia costruiva gli autobus ma se non c’era mi’ padre che li portava, col cazzo che li vendeva! Non ricordo come l’abbia presa. Ho cominciato a lavorare a dieci anni, e a quell’età ero già presidente. Con altri cinque amici, tutti ragazzini, andavamo dai fornai, allora c’erano i supermagazzini che erano super solo perché più grandi, e compravamo i cartoni che poi rivendevamo. A San Giovanni prendevo il tram che fermava a Cinecittà dove c’era il raduno delle comparse. Mi nascondevo dentro le ceste della sartoria o nei sottoscala per magna’. Ci davano il cestino, ricordo ancora le polpette della sora Lella che mi allungava Alberto Sordi, quella era la casa di Albertone».
«Ad Aurelio voglio bene, molto. Lui però mi è amico per interesse, io a titolo gratuito. Quando mi telefona dice “Bello, Massimetto mio” e io gli rispondo “Aure’, che te serve?”».
«Lotito è il numero uno, il migliore. Ha un’intelligenza e una cultura superiori alla media. Quasi quanto me. Purtroppo però c’è Claudio, e Claudio è il più grande nemico di Lotito».
«Con la società quotata in Borsa l’avrei fatto anch’io. Tanti complimenti ad Andrea, ha fatto una grande operazione finanziaria e anche tecnica».
«E’ un miracolato». In che senso? «E’ padrone di un sogno più grande di lui. Un imprenditore top? Ma prima della Roma chi cazzo lo conosceva?».
«Affari suoi. Dicono che il prezzo di una società equivalga a 1,8 volte il fatturato, fai tu i conti. La Samp fattura 100, la presi a 40. Prima o poi gliela soffierò, la Roma».
«Nessuna, mica sono un “improbabile”». Improbabile?