Il corriere della sera: “La Campania è un enorme deposito di ecoballe “. I risvolti dopo l’inchiesta di Fanpage

La Campania è un enorme deposito di ecoballe, così Gian Antonio Stella, sintetizza la situazione nella terra dei fuochi dopo l’inchiesta di Fanpage che ha introdotto la figura dell’agente provocatore. Un botto che ha scosso la famiglia del governatore Vincenzo De Luca e il figlio Roberto, costretto a dimettersi da assessore comunale.

L’inchiesta di Fanpage

«Siamo fiduciosi che entro l’anno i milioni di ecoballe stoccati nella Terra dei Fuochi saranno definitivamente smaltiti». Sic. Si morderà la lingua Matteo Renzi, rileggendo quanto disse all’Ansa il 30 maggio 2016 per celebrare la «rimozione della prima ecoballa» eseguita da Vincenzo De Luca. Un anno e mezzo dopo, i dati della Regione Campania trasmessi a Raffaele Cantone sancivano che erano state «rimosse complessivamente 56.571 tonnellate di ecoballe». Su «circa 5 milioni e seicentomila». Come vuotare il mare col secchiello… Eccolo qui, il contesto dell’ultimo scandalo sui rifiuti denunciato da fanpage.it.

Vincenzo De Luca e il figlio Roberto

Un botto che ha scosso la famiglia del governatore (dal figlio Roberto costretto a dimettersi da assessore comunale lanciato verso la poltrona di sindaco di Salerno al figlio Piero candidato al Parlamento nell’uninominale) e insieme il feudo del Pd «deluchiano» e l’intero Partito democratico.

L’agente provocatore

I dubbi sull’uso di un «agente provocatore», come ha fatto il giornale fanpage.it di Francesco Piccinini, dividono gli stessi magistrati. Scrive Piercamillo Davigo nel libro La tua giustizia non è la mia: «Di per sé è una cosa riprovevole, ma se, come nei casi di corruzione, interpretiamo il reato come un fenomeno seriale in diffuso, questa figura investigativa può essere utile per eseguire un test di integrità. Certo, non si tratta di indurre in tentazione un singolo, a casaccio, ma di individuare casi specifici, bersagli mirati…».

La Campania è un enorme deposito di ecoballe

Chissà che la tempesta mediatica, giudiziaria, politica non riporti finalmente l’attenzione su Taverna del Re. Fino a una quindicina d’anni fa era una bella e generosa parte della Campania Felix, descritta con ammirato stupore da Wolfgang Goethe («S’aprì innanzi ai nostri occhi una bella pianura»), Charles Dickens (abbagliato dalla bellezza di quella «strada piana che si allunga in mezzo a viti tenute a tralci che paiono festoni tirati da un albero all’altro») e tutti i grandi viaggiatori della storia. Nel giro di sette anni, come dimostra un agghiacciante confronto di foto aeree, quella campagna che dava quattro raccolti l’anno è stata trasformata in uno spropositato deposito di ecoballe. Talmente tante che a metterle tutte in fila arriveresti da Napoli a Kabul. E così ordinatamente accatastate sotto enormi teloni da dare l’impressione di un immenso sepolcreto di immense barre blu. Un sepolcreto grande quasi quanto il lago Patria, più vasto dell’isola di Procida e dieci volte il Vaticano. Al centro, isolata e avvolta dal fetore, la casa dell’ultimo colono, Salvatore Picone. Una masseria che pareva microscopica.

Gli interventi di rimozione sono stati quasi irrilevanti

Matteo Renzi e Vincenzo de Luca, nel giugno del 2016, spiegarono che per portare via quella «vergogna nazionale», accumulata da governi di vario colore, erano stati stanziati «450 milioni di euro». Titolo dell’Ansa: «Renzi, in 3 anni cancelleremo vergogna Terra Fuochi». E meno male che non parlava più di un anno solo. Fino ad oggi, secondo gli ambientalisti, di quelle ecoballe è stata smaltita una quota minima. Ma proprio minima. E le gare vanno troppo spesso deserte. Spalancando con la strada a furbetti e furboni…

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