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Alfonso De Nicola, ex medico sociale del Calcio Napoli, è intervenuto ai microfoni del portale le lebombedivlad.it.
“Non so se hanno bisogno di me. Hanno sicuramente bisogno di una persona che si è comportata come me in questi anni. Ho lasciato perdere tutto di me stesso per dedicarmi esclusivamente alla società. Sono sempre disponibile a tornare, ma è chiaro che adesso sono una persona diversa. Vengo da due anni di sofferenze atroci. E’ stato molto complicato stare lontano dall’ambiente Napoli per due anni”.
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“Non è vero. Anzi, sono rimasto anche male che non ci si sia stata alcuna telefonata in questi anni. Forse è stato un volere anche di altre persone. Con alcuni avevo un rapporto profondo, non ho mai trascurato nessuno. Quando un calciatore veniva a Napoli, ci instauravo sempre un ottimo rapporto“.
“Ci sentiamo ogni tanto, è l’unica persona con cui mi sono sentito”.
“Dries è un nazionale belga e quindi è libero di fare tornare al suo Paese per farsi curare. Ma noi abbiamo delle professionalità in Italia difficili da trovare altrove. La riabilitazione vera si fa in Italia”.
“Quando ero al Napoli, mi è capitato spesso di far seguire alcuni calciatori individualmente da miei collaboratori. Giovanni D’Avino ad esempio seguì Pepe Reina in occasione di un suo problema fisico. In occasioni come queste, il collaboratore mi teneva informato dettagliatamente, anche perché io avevo da seguire il resto del gruppo”.
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“Sì. Ma anche prima che il mio rapporto con il club arrivasse al capolinea. Ci sono state 3 o 4 società importanti che mi hanno chiamato all’epoca, nell’ambiente già si sapeva del mio addio al club. Mi sono pentito amaramente di lasciare il Napoli. Ci sono cresciuto con questa società, la sento in qualche modo anche mia. Non mi ci sarei mai visto da altre parti”.
“Sì, è vero. Ho pensato sempre che lo facessero non con una certa convinzione. Lo dissi a mio figlio che mi disse ‘papá ma dove vai?’. Non sarei mai andato alla Juventus.”