Agostino Forgione dice ad Aurelio De Laurentiis che la Thatcher è un falso mito perché non risolse il problema hooligans
“La violenza negli stadi italiani è una storia che dura da 50 anni. Finché non si prende la legge della Thatcher per applicarla in Italia, avremo sempre questi problemi”: più volte Aurelio De Laurentiis chiama in causa la Thatcher per fermare il problema relativo agli ultras. Il giornalista e blogger napoletano, Angelo Forgione, ha ripercosso la vicenda, smentendo il presidente azzurro: “Aurelio De Laurentiis lo ripete da anni, e fa benissimo, ma, circa il cosiddetto “modello inglese”, commette anche lui, come tanti, un errore a rifarsi ancora una volta al falso mito di Margaret Thatcher, Primo ministro britannico negli anni Ottanta, che non risolse alcun problema hooligans, anzi, ne creò altri negli stadi inglesi.
Subito dopo la tragedia dell’Heysel (1985), la “lady di ferro”, che odiava il calcio, si affidò alla repressione, affinché i tifosi fossero trattati come peggio non si potesse. La prima decisione fu quella di ritirare tutte le squadre del proprio paese dalle competizioni internazionali per l’anno successivo, prima che l’UEFA le squalificasse per cinque anni. Quegli animali non dovevano mostrare il brutto volto d’Inghilterra all’estero, e in patria andavano chiusi in gabbia. Così la Signora decise di far erigere delle recinzioni di metallo negli stadi di casa, già vecchi e pericolosi, rendendoli ancora più pericolosi. Il fallimento della misura fu sancito il 15 aprile 1989, giorno della semifinale di FA Cup tra Liverpool ed Nottingham Forest in campo neutro, a Sheffield. I tifosi del Liverpool furono stipati in una gradinata stretta e recintata, restando schiacciati contro le grate. 96 persone persero la vita.
Forgione smentisce De Laurentiis a proposito del riferimento alla Thatcher
Il governo inglese si affidò al giudice Peter Taylor perché producesse una vera e propria inchiesta sul disastro. Dopo mesi di indagine, Taylor pubblicò un ampio rapporto in cui i recinti voluti dalla Thatcher furono ritenuti responsabili della tragedia, e aboliti. Da allora tutti i più grandi stadi avrebbero dovuto prevedere solo posti a sedere numerati, prendendo esempio – pensate un po’ – dai nuovi stadi italiani approntati per i Mondiali del 1990.
Le società furono responsabilizzate affidando la sorveglianza all’interno degli impianti attraverso la presenza di stewards privati (pagati dai club) in collegamento via radio con la polizia presente solo all’esterno degli impianti. A tutte fu fatto divieto di intrattenere rapporti con i propri tifosi. Fu vietata l’introduzione di alcolici. Infine, con il Football Offences Act del 1991, sotto il governo di John Major, successore della Thatcher, fu dato potere alla polizia di arrestare e far processare per direttissima i tifosi anche solo per violenza verbale, cioè per linguaggio osceno e cori razzisti.
Forgione ripercorre ciò che avvenne in Gran Bretagna con gli hooligans
I club inglesi iniziarono a investire grandi risorse economiche nelle ristrutturazioni dei propri stadi o nella costruzione di nuovi impianti. I prezzi dei biglietti iniziarono ad aumentare e si creò così un innalzamento del livello sociale dei frequentatori delle curve. I tifosi inglesi di oggi, almeno in patria, sono diversi dagli hooligans degli anni Ottanta; abituati ad entrare allo stadio con il biglietto elettronico, recarsi ognuno al proprio posto numerato, sostenere la propria squadra e poi tornarsene a casa. Sanno che se solo urlano offese vengono beccati e cacciati per sempre, figurarsi se entrano in campo.
Si può fare in Italia? No, perché mancano leggi efficaci, stewards preparati e stadi moderni (e pensare che gli inglesi si erano rifatti ai nostri). Per carità, non è mai troppo tardi per decidere di copiare ciò che in Inghilterra ha funzionato, che però non è ciò che attuò la Thatcher, ritiratasi dalla politica nel 1990 portandosi sulla coscienza 96 vite. Lei non c’entra niente con il “modello inglese” da seguire”.