... ...

Una maglia pesantissima, quella numero 10 di Diego, che il Napoli ha idealmente indossato nell’ultimo giorno di mercato. Come racconta Fabio Mandarini sul Corriere dello Sport, i partenopei hanno condotto una campagna acquisti sontuosa e al tempo stesso razionale, con dieci nuovi innesti e quindici cessioni che hanno ridisegnato la rosa senza intaccarne l’anima.
Gli investimenti sono stati imponenti: 147,5 milioni di euro spesi, cifra che può lievitare con i bonus e che non contempla ancora i 40 milioni del riscatto di Hojlund, obbligatorio in caso di qualificazione Champions. Importante anche il capitolo uscite: 140 milioni incassati, di cui 75 dalla cessione di Osimhen al Galatasaray. «E diventano addirittura 210 milioni considerando i 70 del trasferimento di Kvaratskhelia al Psg lo scorso gennaio», scrive Mandarini sul Corriere dello Sport.
L’operazione simbolo è quella che ha portato a Napoli Kevin De Bruyne, svincolato dal Manchester City, un regalo extralusso per Antonio Conte dopo lo scudetto. Insieme a lui, Rasmus Hojlund dal Manchester United: due volti della Premier che vanno ad aggiungersi alla batteria internazionale già formata da McTominay e Gilmour. «Sono colpi che alla lunga possono fare la differenza in Serie A e non solo», sottolinea ancora Mandarini sul Corriere dello Sport.
Il ds Manna ha lavorato su più fronti, assecondando le esigenze tecniche e tappando i buchi creati dall’infortunio di Lukaku, che aveva destabilizzato l’assetto offensivo. Tra gli arrivi ci sono Milinkovic-Savic dal Torino, Beukema dal Bologna, Marianucci dall’Empoli, Gutierrez dal Girona, Elmas dal Lipsia, Lang dal Psv, il giovane Barido dalla Juve e Lorenzo Lucca dall’Udinese. Un mosaico che unisce esperienza, qualità e prospettiva.
Sul fronte delle uscite, oltre a Osimhen e Kvaratskhelia, il Napoli ha salutato Caprile (Cagliari), Rafa Marin (Villarreal), Natan (Betis), Gaetano, Folorunsho e Cajuste (tutti al Cagliari o in Inghilterra), Zanoli (Udinese), Zerbin (Cremonese), Lindstrom (Wolfsburg), Ngonge (Torino), Raspadori (Atletico Madrid), Simeone (Torino) e Cheddira (Sassuolo). «Una rivoluzione vera e propria», osserva Mandarini sul Corriere dello Sport, che ha stravolto i tratti somatici della squadra ma non la sua ferocia, incarnata dallo sguardo infuocato di Conte.