Urbano Cairo, presidente del Torino, respinge la Superlega come minaccia al merito sportivo. Critiche incisive e visione futuristica sul calcio.
Il presidente del Torino, Urbano Cairo, ha reso pubbliche le sue ferme convinzioni sulla controversa Superlega in un’intervista esclusiva alla Gazzetta dello Sport, affermando senza mezzi termini che questa competizione è “una cosa da scansare come la peste”. Le sue dichiarazioni giungono in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha vietato a FIFA e UEFA di mantenere un monopolio sulla gestione delle competizioni calcistiche.
Cairo, uomo di calcio e di sport, ha seguito da vicino la vicenda della Superlega fin dai suoi albori, criticando apertamente l’approccio della competizione nei confronti del merito sportivo. “L’ho sempre reputata e la reputo tuttora una cosa da rifuggire come la peste. È una trovata perniciosa che non dà la minima attenzione a quello che è il merito sportivo. Fotografa una realtà del passato e vuole cristallizzarla nel futuro”, ha dichiarato il presidente.
La decisione della Corte di Giustizia Europea, che ha vietato il monopolio di FIFA e UEFA, è stata definita da Cairo come “contraddittoria”. Da un lato, sostiene che non dovrebbero esistere monopoli come quelli delle organizzazioni calcistiche tradizionali, ma dall’altro concede una possibilità alla Superlega, che, secondo Cairo, è “contro la libera concorrenza” poiché coinvolge sempre le stesse squadre.
“Non capisco come si possono criticare i monopolisti e poi dare luce verde a una competizione che fotografa lo ‘status quo'”, ha affermato Cairo. Ha paragonato la situazione della Superlega all’aristocrazia del XVIII secolo, sottolineando che questa competizione sembra riportare indietro nel tempo, ignorando l’evoluzione degli ultimi due secoli.
Il presidente del Torino ha concluso con una nota positiva: “È una cosa da aristocrazia del ‘700, una situazione che ricorda il periodo precedente alla Rivoluzione Francese, quando la nobiltà aveva diritti divini e c’erano gli unti dal Signore, poi tutti gli altri. Da allora però sono passati oltre due secoli. Per fortuna, aggiungo”. Sembra auspicare un cambiamento e un rinnovamento nel mondo del calcio, lontano dalle dinamiche anacronistiche che la Superlega sembra rappresentare secondo la sua visione. La sua critica decisa potrebbe avere eco nel dibattito in corso sulla riforma del calcio europeo.