Gianfranco Zola, conobbe Ancelotti a Parma e fu penalizzato dal 4-4-2. Il 3 dicembre 1989 si fece sostituire da Maradona.
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ZOLA E MARADONA
Il Napoli annovera nella sua storia un solo Re e tanti numeri 10 uno di questi fu Zola, il tamburino sardo.
Zola è stato un ragazzo di destro, nato a Oliena, in Sardegna nel 1966. Ha giocato per la Nuorese poi tre stagioni alla Torres in Serie C1.
Fu qui che Luciano Moggi lo scoprì, sollecitato da Graziano Galletti, il suo Sancho Panza, quando giocava nella Torres.
Il Napoli di Diego Armando Maradona e del secondo scudetto, con Moggi deus ex machina: e se non proprio deus, di sicuro machina.
Il tamburino vanta un privilegio che non sarà un record ma poco ci manca. Sostituire Maradona, a risultato in frigo o per notti più brave che cattive, non fa notizia: è il cane che morde l’uomo.
La notizia vera è il contrario: essere sostituiti da Diego. L’uomo che morde il cane. Uno di questi fu Zola. Era il 3 dicembre 1989, si giocava al San Paolo: Napoli-Atalanta 3-1. A nove minuti dal termine, il fatto: fuori Zola, titolare; dentro Maradona, riserva. Allenatore, Albertino Bigon.
Era capitato anche a Francesco Romano, Fernando De Napoli e a Massimo Mauro, l’unico ad aver servito i tre tenori, Zico a Udine, Michel Platini alla Juventus, Maradona a Napoli.
Zola, non si perdeva un attimo degli esercizi di Diego. Cercava di rubargli dettagli, pagliuzze, specialmente sulle punizioni, pur di guarnire il repertorio e affilare l’arsenale.
Era un numero dieci, il numero civico al quale, di solito, abita la fantasia di noi guardoni che, non avendone, invochiamo fino a inventarla.
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ZOLA E L’INTEGRALISMO DI ANCELOTTI
All’epoca di Zola il busillis di Gianfranco era la concorrenza, strepitosa e feroce. i due Roberto, Baggio & Mancini.
Proprio così, proprio loro: un grande inviato che non ha mai voluto fare il direttore e un direttore che faceva anche il grande inviato.
Il massimo, in quello scorcio. Non solo. Zola dovette combattere e abbattere un altro avversario, il più subdolo, il più criptico: lo schematismo degli allenatori. Di Carlo Ancelotti, soprattutto.
Carletto era figlio di primo «letto», e di primissime letture, di Arrigo Sacchi: che a Zola, in azzurro, preferì Baggio.
Allenava a Parma, Carlo Ancelotti, il Parma dei Tanzi, quelli del «giardino dei finti contini». Il Parma di Zola.
La proprietà reclutò Hristo Stoichkov, gioielleria bulgara. La concorrenza non sempre mobilita. A volte, «smobilita».
Ancelotti spasimava per il 4-4-2, frequentato e corteggiato a Milanello, durante gli studi con l’allenatore di Fusignano.
In attacco, giostravano Hernan Crespo ed Enrico Chiesa, papà di Federico. Zola finì deportato sulla fascia, in balia di un ruolo piegato e di un feeling spezzato. Mollò Parma e fuggì a Londra.