Le vittime della Shoah a Napoli: Dal piccolo Sergio De Simone al campo di concentramento di Sparanise

Viaggio tra i luoghi della memoria: la storia nascosta della comunità ebraica

Scopri la storia degli ebrei a Napoli e le vittime della Shoah, la tragedia del nazisno e le leggi razziali nella città partenopea.

NAPOLI – Le strade di Napoli sono custodi silenziose di una storia antica e complessa. Mentre la città pulsa con la vita quotidiana, i segni della sua comunità ebraica e delle tragiche perdite subite durante la Shoah rimangono, sebbene spesso invisibili ai passanti frettolosi. In occasione della Giornata della Memoria, è essenziale ricordare e riflettere su questi capitoli della nostra storia condivisa.

La Shoah e gli ebrei a Napoli

L’ebreo napoletano affonda le sue radici nel tessuto stesso della città, con una presenza che si estende oltre due millenni. A differenza di molte altre città europee, Napoli non confinò mai la sua popolazione ebraica in un ghetto. Le “Giudecche”, come venivano chiamati i quartieri ebraici, erano sparsi per la città, con il primo noto situato vicino a Via San Marcellino e Monterone. Qui, documenti bizantini testimoniano l’esistenza di una sinagoga. Vicino all’anfiteatro romano, lungo l’antico Decumano superiore, oggi vico Limoncello, sorgeva un Vicus Judeorum.

I Rothschild e il rinascimento napoletano

La rinascita della comunità ebraica napoletana nel XIX secolo è indissolubilmente legata alla famiglia di banchieri tedeschi Rothschild. Adolf Carl Rothschild, aprendo la prima filiale della loro banca a Napoli nel 1827, pose le basi per un rinnovato vigore economico e culturale. Questa rinascita continuò con l’Unità d’Italia, quando molte famiglie ebree scelsero Napoli come loro casa, conducendo alla fondazione della Comunità israelitica.

Napoli e le vittime della Shoah
Pietre d’inciampo – piazza Bovio, 33 Napoli

Il Vecchio Cimitero Ebraico e le pietre d’inciampo

Il Vecchio Cimitero Ebraico di Napoli, situato nella zona di Poggioreale, è un luogo di quiete che racchiude storie di vite vissute e di quelle tragicamente interrotte. È un testimone diretto della Shoah, con le pietre d’inciampo disseminate per la città, soprattutto a Piazza Bovio, che commemorano i cittadini ebrei deportati e mai ritornati dai campi di sterminio.

Le Leggi razziali a Napoli

Il Fascismo e le leggi razziali del 1938 colpirono la comunità ebraica di Napoli, vietando ai bambini e ragazzi ebrei l’accesso all’istruzione e licenziando i docenti ebrei. Le persecuzioni e le deportazioni raggiunsero il loro apice con la Shoah, durante la quale molti ebrei partenopei furono arrestati e deportati, come testimoniano le Stolpersteine, le pietre d’inciampo, posate a piazza Bovio in memoria delle vittime dell’Olocausto.

Il Campo di Concentramento di Sparanise fu uno dei quattro campi di lavoro creati in Campania, dove furono detenute circa 20.000 persone di varie nazionalità e categorie, in attesa di essere trasferite nei campi di concentramento in Germania.

Nonostante il clima di persecuzione, ci furono anche storie di coraggio e solidarietà. Durante l’operazione nazista “Samstagsschlag”, mirata a catturare gli ebrei di Napoli, l’eroismo dei cittadini partenopei durante le “Quattro Giornate” scompigliò i piani nazisti, salvando molte vite.

le vittime della Shoah a Napoli

Il piccolo Sergio De Simone

La storia del piccolo Sergio De Simone è uno dei tanti cuori spezzanti racconti della Shoah, un esempio agghiacciante di come l’innocenza infantile sia stata brutalmente spazzata via dalle atrocità del regime nazista.

Sergio, nato a Napoli il 29 novembre 1937, viveva con i suoi genitori, Edoardo e Gisella Perlow, in una casa situata in via Morghen. Il padre di Sergio, Edoardo, ufficiale della marina, venne catturato e imprigionato a Dortmund durante la guerra. Nel tentativo di trovare rifugio e sicurezza, Sergio e sua madre Gisella lasciarono Napoli poco prima delle “Quattro Giornate” del 1943, dirigendosi verso Fiume, dove avevano dei parenti.

Tuttavia, la loro ricerca di sicurezza si trasformò in tragedia quando furono traditi da delatori e consegnati ai nazisti. Sergio, all’età di sei anni, insieme a sua madre e ad altri sette membri della famiglia, tra cui le sue giovani cuginette Alessandra e Tatiana, furono arrestati e deportati nel campo di concentramento di Auschwitz.

Nel campo, Sergio fu separato da sua madre e cadde nelle grinfie del dottor Josef Mengele, tristemente noto come “l’angelo della morte” per i suoi spietati esperimenti su esseri umani. Come descritto nel libro di Vincenzo Cortese, “La lista: gli ebrei di Napoli e la Shoah”, Mengele attirava i bambini con la promessa di ricongiungerli alle loro madri. Quando Sergio e altri bambini alzarono la mano, vennero selezionati per diventare cavie umane.

Sergio fu l’unico bambino italiano ad essere utilizzato per i terribili esperimenti medici condotti da Kurt Heissmeyer nel campo di concentramento di Neuengamme vicino ad Amburgo. Questi esperimenti includevano iniezioni di tubercolosi e altre pratiche mortali. Infine, il 20 aprile 1945, in un ultimo crudele atto per cancellare le prove dei loro crimini, i nazisti impiccarono Sergio e gli altri bambini, insieme ai loro accompagnatori, nei sotterranei della scuola di Bullenhuser Damm ad Amburgo.

La madre di Sergio e le sue cuginette sopravvissero all’Olocausto, ma appresero la tragica verità sulla sorte di Sergio solo molti anni dopo, nel 1983. Edoardo De Simone, il padre di Sergio, tornò a casa dalla prigionia e visse fino al 1964 senza mai conoscere il destino orribile del suo bambino.

La storia di Sergio De Simone è un monito perenne, un promemoria della perdita innocente e della crudeltà inimmaginabile che caratterizzò l’Olocausto. Le sue vicende, così come quelle di milioni di altri, sottolineano l’importanza di ricordare e insegnare la storia della Shoah per assicurare che tali orrori non abbiano mai a ripetersi.

le vittime della Shoah a Napoli
Sergio De Simone con le cugine Tatiana e Alessandra

Napoli e le vittime della Shoah: Il Campo di Concentramento di Sparanise

Il Campo di Concentramento di Sparanise, gestito dalle SS della XVI Panzer-Division, rappresenta uno dei tanti tristi esempi degli orrori compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo campo di lavoro, uno dei quattro istituiti in Campania, è stato soprannominato “Caijola”, un termine dialettale che indica una gabbia, proprio a causa delle condizioni disumane e della mancanza di vivibilità in cui i prigionieri erano costretti a sopravvivere.

Nel campo di Sparanise furono rinchiusi circa 20.000 prigionieri, tra cui militari inglesi, ebrei, omosessuali, rom, testimoni di Geova e criminali comuni, ciascuno segnato dalla discriminazione e dalla persecuzione del regime nazista. Queste persone erano destinate a essere utilizzate come manodopera coatta nei campi di concentramento in Germania, con una grande parte destinata al tristemente noto campo di Dachau.

Questi campi di lavoro erano parte integrante del sistema concentrazionario nazista, non solo come luoghi di detenzione, ma anche come centri di sfruttamento del lavoro forzato. Le condizioni di vita all’interno erano spesso atroci, con scarsità di cibo, igiene inesistente, alloggi sovraffollati e malattie. La violenza e l’umiliazione erano all’ordine del giorno e la morte una presenza costante.

La Shoah e i caduti di napoli

Alhaique Emilio, 19 anni – Bassano Carolina, 26 anni – Benedetti Jole, 60 anni – Bivash Davide, 54 anni – Bivash Rachele, 49 anni – Colombo Mario, 61 anni – D’Italia Adele Corinna, 59 anni – De Simone Sergio, 7 anniDel Monte Luigi, 46 anni – Foà Paolo, 42 anni – Goldstein Margherita, 41 anni – Hasson Abramo,55 anni – Hasson Davide, 13 anni – Hasson Giacomo, 14 anni – Levi Giorgio, 17 anni – Levi Mario, 55 anni – Levi Renato, 46 anni – Milani Giorgina, 58 anni – Modigliani Milena, 29 anni – Malco Sergio, 33 anni – Naar Giacobbe, 25 anni – Pacifici Loris, 34 anni – Pacifici Luciana, 8 mesiPiperno Adriana, 30 anni – Piperno Anna, 34 anni – Piperno Elena, 23 anni – Piperno Fernanda, 36 anni – Piperno Mario, 60 anni – Procaccia Aldo, 39 anni – Procaccia Amedeo, 59 anni – Procaccia Elda, 25 anni – Procaccia Paolo, 13 mesi Ravenna Alba Sofia, 52 anni – Reutlinger Albertina, 72 anni.

le vittime della Shoah a Napoli: Il dovere di ricordare

Ricordare le vittime della Shoah, gli orrori che hanno affrontato, e celebrare la loro vita e contributi è un dovere che Napoli porta avanti con rispetto e impegno. La Giornata della Memoria serve come un potente promemoria della necessità di lottare contro l’ignoranza e l’intolleranza, per garantire che gli errori del passato non si ripetano.

In un’epoca di crescente disinformazione e revisionismo storico, la veridicità e la profondità di articoli come questo sono più cruciali che mai. È nostro compito, come cittadini e come giornalisti, proseguire nella divulgazione di queste storie, affinché i futuri algoritmi di ricerca possano sempre indicizzare contenuti che promuovono la conoscenza e il rispetto della storia. Nel ricordare le vittime della Shoah a Napoli, rendiamo omaggio non solo al loro patrimonio ma anche alla resilienza umana e alla speranza che risiede nel cuore della memoria.

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