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Vini Doc del Sud senza tutele. L’accordo con il trucco: protetti tredici marchi, tutti del Centro-nord

Il ministero si accorda con la Cina a favore dei marchi del Nord. I Vini Doc del Sud senza tutele. Potranno essere imitati dai produttori cinesi.

DI Marco Esposito il Mattino

ROMA- L ’accordo è di quelli storici. Cento prodotti cinesi tutelati in Europa e cento prodotti europei tutelati in Cina. E di questi  ben tredici sono vini tutti  del… Centro nord.

I vini Doc e Igt del Mezzogiorno, dalla Falanghina al Primitivo, dall’Aglianico al Marsala, in quell’elenco proprio non ci sono. Questione di numeri, si dirà. Impossibile garantire tutti in un elenco così ristretto, si aggiungerà. Ed è ovvio che con 333 vini italiani Doc, 74 Docg e 118 Igt una dura selezione per l’export in Cina andava fatta. L’elenco dei tredici vini italiani che la Cina non potrà più imitare, ma anzi si è impegnata a tutelare, comprende dodici Doc e un Igt.

Scorriamolo, allora, questo elenco.

Accanto a vini Doc che spiccano nella produzione nazionale e quindi mondiale – come l’Asti, il Barolo, il Chianti, il Prosecco, il Montepulciano d’Abruzzo,il Soave, il Bardolino Superiore – ve ne sono cinque, tre piemontesi e due toscani, il cui livello di produzione non arriva ai 100mila ettolitri. Il Brunello di Montalcino secondo le rilevazioni di Feder Doc per il 2016 si ferma a 81.810 ettolitri, il Dolcetto d’Alba a 53.941, il Nobile di Montepulciano a 53.511, il Barbaresco a 35.041 e il Brachetto d’Aqui addirittura a 21.182.

Possibile che nel Mezzogiorno, a Sud dell’Abruzzo, in una terra che in tempi antichi era chiamata Enotria, non ci siano vini di produzione paragonabile al Brachetto?

La Basilicata, in effetti, potrebbe scalzare il Brachetto d’Aqui con il suo Aglianico del Vulture, che ha una produzione di 25mila ettolitri. La Calabria con il Cirò scavalca di poco il Barbaresco. La Campania ha due Doc con elevata produzione: il Sannio e il Falanghina del Sannio, ciascuno con quantitativi intorno ai 77mila ettolitri, quindi maggiori di ben quattro dei dodici vini garantiti nell’export in Cina. Tagliate fuori anche le due isole. Si è già detto del Doc Sicilia, uno dei maggiori in assoluto, sparito dall’orizzonte del ministero dell’Agricoltura. Ma anche il Marsala (115mila ettolitri), il Vermentino di Sardegna (112mila) e il Cannonau (100mila)hanno tutti  i numeri per affermarsi sulle tavole dei cinesi. La beffa maggiore però tocca alla Puglia. Il Doc Salice Salentino, con 117mila ettolitri prodotti nel 2016, vanta un quantitativo di oltre cinque volte superiore al Brachetto. E il Primitivo di Manduria, forte di 154 mila ettolitri, addirittura supera il piemontese Brachetto d’Aqui di sette volte.

Dopo quella del vino arriva la beffa dell’olio d’oliva dop

Ma non è bastato. Come del resto non era bastato alla Puglia avere una produzione di olio d’oliva di cento volte superiore a quella del Veneto per vedersi riconosciuto almeno un Dop. Nonostante la «linea dell’olivo» lambisca appena il Veneto, il governo italiano ha scelto quattro Dop di olio d’oliva veneto, e nessuno degli altri territori, da tutelare nell’accordo commerciale tra Unione europea e Canada chiamato Ceta, accordo che il Parlamento italiano deve adesso ratificare.

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