Una parola tira l’altra e… si arriva alla lite | Animi caldi a Napoli: calciatore ai ferri corti con il padre

Napoli - fonte lapresse - napolipiu.com
Non sempre gli spogliatoi, anche quelli vincenti, sono sereni. Deve essere bravo l’allenatore a gestire le varie anime.
Negli spogliatoi delle grandi squadre, convivere con tanti campioni non è mai semplice. L’enorme concentrazione di talento spesso si traduce in ego forti, personalità complesse e ambizioni individuali che possono entrare in conflitto con le dinamiche collettive. Ogni giocatore è arrivato a certi livelli perché abituato a essere protagonista, e accettare un ruolo secondario, o semplicemente più sacrificato, può generare tensioni sotterranee difficili da gestire.
L’allenatore ha un compito delicatissimo: non solo deve far coesistere stili e caratteristiche diverse in campo, ma deve anche mantenere l’equilibrio nello spogliatoio. La gestione dei rapporti personali diventa quasi importante quanto quella tattica. Un cambio di formazione, una sostituzione, una parola detta nel momento sbagliato possono essere letti come segnali di sfiducia e scatenare malumori. E quando lo status del giocatore coinvolto è altissimo, la situazione può diventare esplosiva.
Per questo motivo, molti tecnici preferiscono contare su leader carismatici all’interno del gruppo: figure che fanno da ponte tra allenatore e squadra, in grado di mediare e riportare serenità nei momenti più tesi. Ma anche tra leader può esserci rivalità, soprattutto quando si lotta per lo stesso posto o per la fascia da capitano. In questi contesti, il rischio che lo spogliatoio si spacchi è concreto.
Dietro a ogni grande squadra vincente c’è quasi sempre una gestione silenziosa ma efficace delle dinamiche interne. Perché non basta avere i migliori giocatori: bisogna farli convivere, accettare gerarchie e mettersi al servizio del gruppo. E questa, spesso, è la parte più difficile.
Sfottò in famiglia
Giovanni Simeone, soprannominato il Cholito, non perde occasione per stuzzicare simpaticamente suo padre Diego, storico tecnico dell’Atletico Madrid. Motivo del siparietto familiare? Il numero di scudetti. «Mi prendeva in giro l’altro giorno – ha raccontato Diego a La Nación – mi ha chiesto quanti scudetti avessi vinto, gli ho risposto “due”, e lui ha subito colto l’occasione per punzecchiarmi». Una rivalità scherzosa, giocata sul filo dell’ironia, che racconta il rapporto affettuoso tra padre e figlio.
Nonostante le battute, il Cholo non nasconde l’orgoglio nei confronti di Giovanni. La sua ammirazione va oltre il campo: «Sono un suo ammiratore per la sua nobiltà, la sensibilità e la compostezza». La fama di Giovanni al Napoli, secondo Diego, non dipende solo dai gol o dalle giocate, ma dalla sua presenza, dalla serietà con cui affronta ogni ruolo e situazione. Una personalità che ha lasciato un’impronta, come confermato anche da Tuttonapoli.net.
Un calciatore che vale più dei numeri
Per Simeone senior, il vero valore di un giocatore non si misura soltanto attraverso le statistiche: «Ci sono calciatori che non devono segnare 30 gol per essere determinanti». La disponibilità e la dedizione di Giovanni nel gruppo azzurro sono doti che vanno ben oltre il tabellino dei marcatori. Il suo impegno quotidiano, la prontezza e la serietà sono riconosciuti e rispettati da tutti.
Riflettendo sui successi ottenuti, Diego sottolinea come il ruolo del figlio nei due titoli conquistati sia stato più significativo di un semplice gol. «Sono orgoglioso di come ha superato le difficoltà. Gliel’ho detto chiaramente: la sua crescita, da dove è partito fino a dove è arrivato, vale più di qualsiasi cifra o trofeo».