Tifosi: Un Viaggio-inchiesta nel calcio, una tribuna, un’esplosione di gioia. È per vivere questi momenti che si diventa tifosi?

Stadio alza la voce

Aggiornato al 05/09/2015

impianti vecchi e inospitali, reStrizioni, divieti e incidenti. risultato: solo un appassionato su tre ha visto almeno una gara dal vivo nella scorsa stagione. Cerchiamo di capire come possiamo tornare a goderci la partita in tribuna. con un occhio all’estero

Quando entro al San Paolo per me è come entrare in chiesa. Perché? Perché qui ha giocato Diego Armando Maradona. Il dio del pallone». Che gli vuoi dire, a uno così? A uno, Saverio Passaretti, presidente dei Napoli Club  che, fglio di una città dove il calcio assurge ar eligione, se ne infschia della via crucis cui si sottopone ogni domenica, fatta di tante stazioni: la tessera del tifoso, il biglietto nominale, le code ai tornelli (il biglietto si infla di qua? No, di là), il seggiolino mezzo scassato e occupato dall’abusivo, il bagno che è un vero cesso, le trasferte sotto scorta e a rischio carica doppia: dei tifosi avversari e della polizia.

Insomma, uno dei 9 milioni 800 mila inguaribili che nello scorso campionato di Serie A hanno sfdato restrizioni e disagi pur di non mancare all’appunta-mento settimanale con la partita allo stadio. Un piccolo esercito, formato per la maggior parte da uomini nella fascia 18- 30 anni e over 60 (più scarsi i 40-50enni), diplomati, impiegati, certo di gran lunga inferiore ,in base ai dati dell’Osservato-rio nazionale sulle manifestazioni sportive , ai 16 milioni 900 mila spettatori della Premier inglese e ai 15 milioni 400 mila della Bundesliga tedesca.

In ogni caso i tifosi meritano maggiori attenzioni da parte dello Stato e delle società rispetto a quelle loro riservate, condannati co-me sono ad assistere a uno spettacolo spesso modesto in impianti vecchi e ina-deguati, conuna qualità dei servizi, all’interno e all’esterno, che quasi mai raggiunge un livello dignitoso.

Tolleranza (quasi) zero contro i cattivi da stadio” Nei due grafici, i dati dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive relativi ai provvedimenti presi nella stagione precedente alla morte di Raciti e negli ultimi 2 anni

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C’era una volta il campionato più visto al mondo, almeno negli stadi: parliamo della Serie A che nel 1991/92 fece egistrare una media di 34.205 spettatori a partita. Da allora il massimo torneo italiano ha perso 10 mila paganti a incontro, scendendo al sesto posto.

Già, perché davanti non abbiamo solo i tre colossi – Bundesliga, Premier League e Liga – ma anche realtà emergenti come Messico e India. Proprio la neo­nata Indian Super League, pur concentrata in 3 mesi e con sole 8 squadre, ha raccolto la bellezza di 1.590.292 spettatori, cioè oltre 3 mila in più a match della Serie A.

Il dominio tede­ sco, alimentato da prezzi bassi, posti in piedi e zero burocra­zia, è ben esemplifcato dal primo posto del Borussia Dort­mund e da altre 5 connazionali nella top 10. Una fedeltà che prescinde dai risultati perché quest’anno, pur con i gialloneri nei bassifondi, la media è salita a 80.354 spettatori.

Valori che i club italiani non possono nemmeno sognare: l’Inter, nostra migliore esponente, rientra per il rotto della cufa (11 spetta­tori!) nella top 20 befando il Colonia che però gioca nella B tedesca. Tutte le altre inseguono invece club indiani, statuni­tensi, messicani e cinesi. E l’italiano? Davanti alla tv.


Stadio di propieta’

UDINE | Nuovo Stadio Friuli | 25.144 posti |

La fotografa del tifo da stadio in Italia, all’alba del 2015, non può che iniziare da qui, da un fash su una situazione che è sotto gli occhi di tutti: nel nostro Paese si gioca un brutto calcio in brutti teatri. La nona industria italiana (2 miliardi di euro prodotti all’anno) è lo specchio della de-pressione, progettuale e operativa prima ancora che economica, che ci afigge: per esempio, la legge sugli stadi è diventata realtà dopo un iter annoso e tormentato, ma resta da vedere quanto le pastoie burocratiche legate alle grandi opere rallenteranno la posa della prima pietra.

L’eccezione, in questo senso, è rappresentata dallo Juventus Stadium, ormai elevato non soltanto in Italia amodello di efcien-za economica prima ancora che sportiva. «Per Juve-Verona di coppa Italia, in pro-gramma alle 21 di un giovedì di gennaio, abbiamo venduto quasi 30 mila biglietti», dice Francesco Calvo, chief revenue ofcer della Juventus, ovvero il responsabile del-la struttura che sviluppa le fonti di ricavo del club, che per lo stadio ammontano a circa 40 milioni di euro l’anno. «La gente ha voglia di esserci, semplicemente: per-ché ora si vince, certo, ma non solo.

Uno stadio moderno e confortevole, attraente per tutto quello che gli sta intorno – il museo, il centro commerciale, le iniziative per intrattenere il pubblico prima della partita – diventa anche più sicuro. Da quando è stato inaugurato, 4 anni fa, non abbiamo neanche dovuto ridare la verni-ce ai muri, tranne che nel settore ospiti. Questo perché tutti, ultras compresi, percepiscono lo Juventus Stadium come la loro casa. Ecco perché ci sono molte più famiglie rispetto a prima».

Uno stadio nuovo per «riportare le famiglie alla partita» è anche la scommessa che l’Udinese annuncia per bocca di Alberto Rigotto, suo amministratore finanziario. «Sarà tutto coperto, con bagni e bar disposti in più punti facili da raggiungere. Cose banali, che però oggi mancano. Vogliamo anche recuperare gli anziani: hanno diritto di venire alla partita e di raggiungere il loro posto senza che prima abbiano scalato un Everest».

Il nuovo “Friuli”, che sarà consegnato a fine stagione, sorgerà sulle ceneri del vecchio: ristrutturato su un lato e costruito ex novo su tre, conterrà 25 mila spettatori e sarà disposto su 3 piani: piano terra ad altezza del campo da gioco (come lo Juventus Stadium sarà senza barriere), al primo superiore e nell’interrato sono previsti un centro commerciale e delle palestre.

Ancora allo stato embrionale invece i progetti dei nuovi impianti di Cagliari, Roma, Palermo e Milan, quest’ultimo voluto da Barbara Berlusconi. «Ma pensi a cosa potrà signifcare per i tifosi se davvero sorgerà, come sembra, vicino a Casa Milan, nel quartiere del Portello, in piena città», dice Giuseppe Munafò, a capo dell’associazione italiana Milan Club. «Casa Milan ha rappresentato una svolta nel modo di vivere la partita: molti, soprattutto se in gruppo, prima dello stadio fanno una puntata nella nuova sede per vedere il museo».

Peccato, però, che San Siro, non solo quello vestito di rossonero, sia sempre più vuoto, come quasi tutte le arene della Serie A:  la loro percentuale di riempimento è pari al 52%, per un’affluenza media di 23.490 spettatori, contro il 92% degli stadi inglesi, l’89 dei tedeschi e il 71 degli spagnoli(dati aggiornati al campionato 2013- 14). Colpa solo della ridotta qualità tecnica del nostro campionato, dei risultati della squadra, delle restrizioni e divieti imposti dallo Stato al libero accesso del pubblico, degli impianti fatiscenti? No.

Da un’indagine della Lega di A è emerso che il 98%degli appassionati italiani (22 milioni in totale) segue il calcio quasi esclusivamente in tv e solo 1 su 3 dichiara di essere andato allo stadio almeno una volta nella passata stagione. Il 56% dichiara di preferire la tv perché ritiene lo stadio insicuro. La percentuale si riduce al 10% se la stessa domanda viene rivolta a chi frequenta abitualmente lo stadio.
Cosa vuol dire? Che gli stadi non sono così pericolosi come sembra. Non del tutto, almeno. Confrontando i dati dell’ultimo campionato con quelli della stagione 2005-06, precedente alla morte del-l’ispettore Filippo Raciti durante Catania-Palermo del 2 febbraio 2007 e alla successiva introduzione delle norme anti violenza (biglietto nominale e acquistabile solo in numero limitato e in determinati punti vendita, tornelli, eccetera), il risultato è che il numero dei feriti negli scontri tra tifosi e tra questi e la polizia è diminuito del 60,1% (da 148 a 59), così come il numero dei feriti tra i poliziotti.

Risultato è che il numero dei feriti negli scontri tra tifosi e tra questi e la polizia è diminuito del 60,1% (da 148 a 59), così come il numero dei feriti tra i poliziotti.

“ALLARME VIOLENZA” Dove e perché i tifosi fanno a botte. Nel 2013-14, il divieto di entrare allo stadio (Daspo) ha colpito di più gli ultrà di Samp (115), Juve (106), Napoli (78)

NUMERI DA INTERPRETARE

 

Certo, lo Stato spende ancora troppo per la sorveglianza dentro e fuori dallo stadio: 25 milioni di euro nella sola scorsa stagione, con 185.686 tra poliziotti e ca-rabinieri impegnati (206.998 invece gli steward impiegati dai club); soprattutto, rispetto alla stagione 2012-13, gli inci-denti in A sono aumentati del 105,2% (da 19 a 39 partite con scontri), così pure i feriti tra spettatori (+62,5%), forze dell’or-dine (+450%) e steward (+380%).

Le percentuali spaventano, ma si ridimensio-nano se tradotte in numeri assoluti: quello degli spettatori feriti (da 32 a 52), delle forze dell’ordine (da 6 a 33) e degli  steward (da 5 a 24). Perciò: i nostri stadi restano a rischio (in Lega Pro gli inciden-ti sono considerevolmente diminuiti), ma, nel lungo periodo, la sicurezza è aumentata. E poi: il 91% degli scontri avvie-ne prima e dopo la gara, spesso lontano dall’impianto, e solo il restante 9% durante la partita.

«Eppure le norme sono troppo restrittive, colpiscono nella stessa misura i “buoni” e i “cattivi”», dice Daniele Muraro, presidente degli Udinese Club. «Per or-ganizzare la trasferta a Reggio Emilia per la partita col Sassuolo, sabato scorso, abbiamo avuto grossissime difcoltà: il Sassuolo si serve di una biglietteria elettronica diversa da Lottomatica, abbiamo dovuto mandare i numeri delle nostre tessere al centro controllo di Napoli, dove sono state verifcate una a una».

Gli ultras del Napoli, rifiutano la Tessera del tifoso.

«Ma la tessera del tifoso ha portato benefci e a chi non vuole essere schedato dico che anche la tessera sanitaria è una sche-datura», interviene Saverio Passaretti. «Eliminerei invece il biglietto nominale: perché abbia efcacia ci sarebbe bisogno di controlli minuziosi ai tornelli, invece è una verifca che si fa a campione».

«Quelli della curva si lasciano passare senza nessun controllo. Ho fatto lo steward ai tornelli di San Siro e lo so bene», conferma Federico, 23 anni. «Il biglietto si chiede e le perquisizioni si fanno sui padri di famiglia, poi vedi ragazzotti passare con le bombe carta. Il fatto è che entrano tutti insieme, spingendo e c-prendosi l’uno con l’altro. Come fai a fermarli? E se dici qualcosa, ti rispondono così: noi siamo i tifosi, quelli veri. Sarà per questo che ho visto i capi ultrà insieme ai dirigenti nella Sala Executive dello stadio».

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