Giancarlo Padovan analizza la sconfitta del Napoli contro la Lazio, evidenziando le falle nella gestione di Garcia e il vuoto lasciato da Spalletti.
CALCIO NAPOLI. L’era post-Spalletti al Napoli sembra aver avuto un inizio traballante. Il giornalista Giancarlo Padovan, su Cm.com, punta il dito contro la gestione di Garcia e il presidente De Laurentiis dopo la sconfitta contro la Lazio.
L’Effetto Garcia e De Laurentiis
“Finisce l’effetto Spalletti, comincia l’effetto Garcia. L’allenatore che l’astuto De Laurentiis – uno che crede di avere inventato il calcio perché ha vinto uno scudetto grazie a Luciano e a Giuntoli, anche se ovviamente tutti li disconoscono – è andato a raccattare ai margini dell’Arabia Saudita, dove si era trasferito per svernare e ricevere una sorta di pensione anticipata.
Il Napoli perde ancora dalla Lazio, ma mentre sei mesi fa era lanciato verso uno scudetto inverosimile per dominio e punti di vantaggio, questa volta accade presto (alla terza giornata) e nella stagione in cui tutti, o quasi tutti, lo lo indicano come vincitore bis”.
Fallimenti Strategici e Fase Difensiva
“Peggio della difesa del Napoli c’è stata la sua intera fase difensiva. Squadra spaccata in due nel tentativo prima di andare in vantaggio, poi di recuperare. Buon per il Napoli che nel giro di quattro minuti il Var abbia richiamato l’arbitro Colombo all’annullamento di due gol: il primo di Zaccagni e il secondo di Guendouzi, entrambi per fuorigioco.
Il Napoli non si aspettava di andar sotto nè una, né un’altra volta. Per i primi trenta minuti ha dominato e la Lazio, tenuta in piedi da Provedel, sembrava davvero l’ultima in classifica. Peggio: non sembrava nemmeno lontanamente una squadra di Sarri. Timida, impacciata, con tutti gli uomini dietro la linea della palla e l’incapacità a ripartire”.
L’Arroganza e la Presunzione
Padovan aggiunge: “Il Napoli, che aveva trovato il pari nel primo tempo (tiro di Zielinski deviato in modo decisivo da Romagnoli), ad appena due minuti dal tacco sublime di Luis Alberto, è andato a schiantarsi, senza un minimo di equilibrio, nella metacampo avversaria.
Probabilmente sentiva di essere superiore all’avversario, ma in maniera ottusa ha smesso di assaltare sui fianchi per una lunga e stucchevole teoria di lanci e cross dalla trequarti.
La Lazio, al contrario del primo tempo, ad ogni pallone recuperato imbastiva una ripartenza e ogni ripartenza corrispondeva ad un pericolo.
Arroganza, presunzione, velleità. Il Napoli oggi è tutto il suo presidente e l’ineffabile allenatore, la squadra suona lo spartito di Spalletti, ma lui non c’è più e quando qualcosa si inceppa nessuno interviene.
Ci voleva calma e non frenesia, non ha avuto senso togliere Kvaratskhelia per inserire il modesto Raspadori. Riempire la squadra di attaccanti (Simeone per Zielinski) ha dimostrato l’approssimazione strategica. Così, mentre la Lazio, prepotentemente ritrovava se stessa, il Napoli è sparito. Non ha perso lo scudetto, ma il filo del gioco. Se va sui nervi sembra una squadra come tante. Invece è sempre la più forte, tranne che in panchina”.