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CdS: l’orgoglio del Napoli crescita senza debiti

l’orgoglio del Napoli crescita senza debiti. La squadra azzurra centra il primo obbiettivo con la consapevolezza che sta comunque consolidando una crescita costante e regolare.

di: Francesco Marolda Cds

L’orgoglio del Napoli

NAPOLI-Sconfitta, sì, ma consapevole. Brucia lo stesso, è vero, ma dev’essere ugualmente chiaro a tutti quanti che questo Napoli ha fatto quello che poteva. E che doveva. Perché il suo obiettivo Champions era andare oltre i gironi e questo ha fatto.  l’orgoglio del Napoli e di Napoli ha fatto il resto.

Certo, poteva essere un po’ più fortunato nella riffa degli ottavi e più attento a non prendere gol su palloni che piovono dal cielo, ma tant’è. E poi, chissà, tra un po’ potrebbe consolarsi (ma sarebbe una consolazione?) pensando che – come accadde al Chelsea giusto cinque anni fa – chi l’ha messo fuori ieri della Champions alla fine si porterà a casa anche la coppa.

Consapevolezza, sì. Ma anche una certezza. Quella che il Napoli tra un litigio, un silenzio e un’illusione sta comunque consolidando una crescita che non va a cento all’ora, ma è costante, continua, regolare.

Napoli crescita senza debiti

E quel che conta molto: senza indebitamenti. Insomma: primo obiettivo centrato e salutato. Nonostante quel primo tempo di geometrie quasi perfette e quel gol portatore sano di legittima speranza, infatti, alla fine s’è dovuto ammettere che sono ancora troppo al di là delle possibilità azzurre la forza, il cinismo ed il talento di Ronaldo e soci. Perché poi alla fine questo è stato: il successo del talento dei singoli sull’addestramento complessivo, dell’invenzione del momento sulla geometria studiata a tavolino e ripetuta in campo. E se da una parte spiace perché a farne le spese è stato il Napoli della volontà e dell’impegno, dall’altra rassicura perché attesta ancora una volta che il calcio appartiene ancora alla fantasia, all’estro, alla genialità applicata a tutto il resto.

Certo, però, si dev’essere geniali assai – ed è questo il caso del Real – per averla vinta sulla propria scarsa attitudine all’organizzazione. Con tutto il rispetto per Zidane, infatti, si può forse giurare che quel collezionista di titoli e trofei sia già un eccellente allenatore? Probabilmente no. Però pensa un calcio alto, un calcio internazionale perché è quello che faceva anche da calciatore. Strutturale, insomma, la differenza con il signor Sarri, il quale a monsieur Zidane dà parecchi punti in quanto ad organizzazione, addestramento e senso del collettivo, ma al quale ancora difetta – almeno così sembra – una visione ampia, evolutiva, speculativa, insomma: internazionale del pallone per essere pure lui un allenatore formato, già completo e, quindi, nell’immediato anche vincente.

ARRIVEDERCI…

Insomma, panchine assai diverse per squadre che oggi in comune hanno poco o niente e per club neppure comparabili perché a conduzioni contrapposte: industriale l’una e poco più che artigianale l’altra. Ecco perché è passato il Real Madrid. Ecco perché il Napoli ha fatto quello che poteva e che doveva. E di questo bisogna comunque esserne orgogliosi. Arrivederci Champions. E alla prossima, Real.

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