‘O BUCCACCIO, ‘A CUNSERVA
Di : Gabriella Cundari
‘O buccaccio una storia napoletana
‘O buccaccio, non era un semplice barattolo di vetro o di plastica, come indicano i dizionari oggi, ma molto di più: era un cilindro di terracotta smaltata coperto da un piatto o da una carta oleata con sopra una grossa pietra che fungeva da peso; era un cilindro magico, da cui fuoruscivano melenzane, peperoni e pappaccelle, alici salate, olive, sottaceti, salsicce sotto sugna, salami sott’olio, friarielli, ‘a cunserva ‘e pummarole (per i pomdori passati si usavano invece le bottiglie a imboccatura stretta), i pomodori seccati al sole e poi messi sott’olio.
Chi non ricorda madri o nonne, intente a conservare? Un uso che accomunava tutte le case, ricche o povere… Ogni casa aveva ‘e soje buccacce, da aprire per un pranzo improvviso, per un contorno appetitoso, per assaporare un prodotto fuori stagione.
Nulla si buttava, tutto il contenuto era proporzionato alle esigenze della famiglia e, alla fine, con l’olio rimasto alla fine si condiva un’insalata di patate o di pasta. Il botulismo? Mai sentito, all’epoca: io ricordo solo la raccomandazione che il contenuto fosse completamente coperto dall’olio, altrimenti -mi dicevano- “faceva la muffa”.
Etimologia
E… l’etimologia? Dal latino bucca, perché ‘o buccaccio ha la bocca aperta anzi spalancata! E approfitto per farvi notare come il napoletano buccaccio sia più vicino dell’italiano (boaccaccia) al latino!