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Per essere davvero sé stesso, David Neres ha bisogno di tornare alle origini: il pallone, la strada, la libertà. È da lì che nasce il suo calcio fatto di gioia e istinto, lo stesso che oggi il Napoli si affida per inseguire la Supercoppa. A raccontarlo è lo stesso esterno brasiliano nell’intervista concessa a Fabio Mandarini sulle colonne del Corriere dello Sport, alla vigilia della finale contro il Bologna.
Come ricostruisce Fabio Mandarini per il Corriere dello Sport, Neres arriva all’appuntamento con una consapevolezza già matura: nonostante sia la sua prima finale in maglia azzurra, l’esperienza non gli manca. In carriera ne ha già giocate tre con l’Ajax, vincendone due in Coppa d’Olanda e perdendone una in Europa League. Ma una finale, ribadisce, resta sempre una partita diversa.
«Penso di essere un po’ emozionato e anche molto concentrato. Giocare per vincere un trofeo è bello, è molto speciale. Una finale è una partita diversa dalle altre. E conta solo vincere».
Nel momento migliore della stagione, il Napoli può contare su una coppia offensiva esplosiva, Hojlund-Neres. Ma, come sottolinea ancora Mandarini sul Corriere dello Sport, il brasiliano riporta tutto al lavoro collettivo.
«Il concetto vincente è sempre il collettivo: quando si gioca da squadra e tutto funziona è più facile per i singoli emergere. Le vittorie sono il merito del buon lavoro del gruppo».
La svolta, secondo Neres, arriva dopo la sconfitta di Bologna del 9 novembre. Una ferita che ha costretto il gruppo a fermarsi, riflettere e cambiare passo. È lì che nasce la striscia di cinque vittorie consecutive che ha rilanciato il Napoli, come ricostruito ancora da Fabio Mandarini sul Corriere dello Sport.
«Quella sconfitta ci colpì duramente. Per fortuna arrivò la sosta: abbiamo avuto tempo per allenarci e riflettere sui nostri errori».
Il tema Conte resta centrale. Neres non nasconde l’impatto fisico del lavoro con l’ex tecnico, pur spiegando come gli impegni ravvicinati abbiano cambiato la gestione degli allenamenti.
«Non è cambiato nulla, ma ora con due partite alla settimana non è più possibile allenarsi così tanto».
Alla vigilia della finale torna anche una delle frasi più celebri di Eto’o. E Neres non ha dubbi, come ribadito a Mandarini del Corriere dello Sport.
«Sono d’accordo al cento per cento: quando smetti, le persone ricordano soltanto i trofei della tua carriera».
Il rapporto con Lukaku è uno dei passaggi più personali dell’intervista firmata Fabio Mandarini per il Corriere dello Sport. Il brasiliano racconta di come il belga sia stato fondamentale nel suo inserimento.
«Romelu è quello che mi ha dato più fiducia, più sicurezza da quando sono arrivato al Napoli. Mi ha sempre ricordato quanto sono forte».
C’è spazio anche per la memoria storica: Careca, paulista come lui, simbolo del primo Napoli vincente. Un’eredità sentita profondamente.
«Sapere che ha giocato con il Napoli è molto speciale. Per me che sono di San Paolo lo è ancora di più».
La storia personale di Neres attraversa strada, sacrifici, disciplina e crescita precoce. Dall’infanzia tra i campetti improvvisati fino all’Ajax, passando per la guerra in Ucraina e la scelta dolorosa di lasciare lo Shakhtar. Tutto contribuisce a formare un giocatore che oggi sogna ancora, senza perdere leggerezza.
«Sogno di migliorare ogni giorno di più. Se fai un buon lavoro quotidiano, il resto verrà da sé».
Infine la Supercoppa. Un obiettivo chiaro, senza alibi, come ribadito ancora una volta nell’intervista raccolta da Fabio Mandarini e pubblicata sul Corriere dello Sport.
«Giocheremo per i tifosi, per i compagni infortunati, per le nostre famiglie. Ma soprattutto per noi stessi. Ce lo meritiamo».
Ora c’è solo il Bologna. Il resto può attendere.