Mertens ha Napoli nell’anima. Vive la città intensamente tra il dolore e la gioia dei quartieri più popolari. Segna gol con sentimento e punta Hamsik.
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“Napoli, seconda mamma mia”, cantava Diego. Su una lastra di marmo, davanti a una chiesa sconsacrata della città, qualcuno ha inciso: “Napoli non è una città, è un sentimento”.
Napoli, dove la vita non è facile, ma non è mai triste. Il calcio, poi. Pare che Benedetto Croce abbia detto un giorno: “Io non capisco niente di pallone, ma se il Napoli vince sono contento”.
La vita di Dries Mertens a Napoli si concentra dal palazzo misterioso sul mare, le visite a una bimba malata e ai senzatetto, ai baretti di Chiaia e alla Sanità.
Il decano dei giornalisti Napoletani, Mimmo Carratelli, regala un bellissimo ritratto di Mertens e del suo amore per Napoli.
MERTENS E NAPOLI
Era un giorno di metà settimana, in settembre, nove anni fa, e un ragazzo passeggia sul pontile di Castel dell’Ovo, a Napoli. Ha un fisico minuto e gentile, e non lo diresti un calciatore.
In un albergo del lungomare napoletano è alloggiata la squadra olandese dell’Utrecht impegnata al San Paolo per una partita di Europa League. Il ragazzo è proprio un calciatore dell’Utrecht.
“Quel giorno ho visto Napoli per la prima volta e me ne innamorai”, racconta oggi Dries Mertens che con l’Utrecht giocò per la prima volta al San Paolo quel giovedì 16 settembre 2010, contro il Napoli.
QUANDO JEPPSON SI INNAMORÒ DI NAPOLI
Era accaduta la stessa cosa ad Hans Jeppson che si innamorò di Napoli durante una trasferta con l’Atalanta in Sicilia quando, a Napoli, prese la nave per Palermo.
Disse: “Fu la prima volta che vidi Napoli e rimasi incantato. Aveva quell’odore di mare che mi riportava all’infanzia quando stavo sugli scogli di Kungsbacka, il mio paese in Svezia”.
L’anno dopo, Lauro lo sottrasse all’Inter pagando 105 milioni (75 all’Atalanta, 35 al calciatore su un conto svizzero).
MERTENS ARRIVA A NAPOLI
Dries Mertens è costato più di Maradona (9 milioni e mezzo di euro equivalenti a 18 miliardi di lire) quando il Napoli l’ha preso a 26 anni nell’estate 2013 dell’arrivo di Benitez, il migliore manager del Napoli dopo Allodi.
Il ragazzo belga è nato il 6 maggio 1987, quattro giorni prima che il Napoli conquistasse il primo scudetto, Diego gratias. Una “contiguità” significativa nel suo oroscopo.
Dopo la partita al San Paolo (0-0), Mertens giocò contro il Napoli anche la partita di ritorno in Olanda (3-3). Cavani fece tre gol, Dries nessuno.
Trovò il Napoli sul suo cammino una seconda volta. Un’altra partita di Europa League a Eindhoven, Dries si era trasferito al Psv.
Il Napoli fu stracciato 3-0 e Mertens segnò il secondo gol nella porta di Rosati. Era il Napoli di Mazzarri. Non giocò il “ritorno” al San Paolo. Napoli rimase nei suoi sogni.
Oggi, Napoli è la sua vita. Napoli, che ha catturato Mertens, è l’affascinante strega che sappiamo. Ammalia e imprigiona, non solo per la straordinaria bellezza, ma per la vita d’ogni giorno che sorprende, disorienta, attrae e infine, se ci stai dentro, senza pregiudizi, ti prende e non ti lascia più.
MERTENS TRA MARADONA E CANÈ
Oggi, Dries Mertens dice: “In un gol deve esserci anche del sentimento”. Non potrebbe dirlo altrove. I gol con sentimento si fanno solo a Napoli, il posto dove una finta di Maradona squagliava il sangue nelle vene e Didì, Vavà, Pelé erano ‘a uàllera ‘e Canè.
Se Sivori, quando venne a Napoli, scelse di vivere alla Gaiola, tra il verde e sul mare di Posillipo, pura bellezza napoletana, Dries a Posillipo è entrato nelle visceri della città, abitando in un palazzo misterioso,
“il bigio palazzo che si erge sul mare”, come lo definì Matilde Serao, Palazzo Donn’Anna, fortezza di tufo imponente ma leggera come il tufo, la pietra di Napoli, e luogo di antichi amanti e sospiri, tradimenti e assassini.
E’ in questo posto, davanti al mare scintillante della spigola ingannevole di Dudù La Capria, che Napoli è entrata nella pelle di Dries.
Anna Carafa, la leggendaria padrona del Palazzo sull’acqua, gli sussurra ogni notte l’incanto della città e la bastardina di Dries, Juliette, abbaia.
Ci sono ancora i fantasmi a Palazzo Donn’Anna? Glielo chiedono i negozianti di via Posillipo. “Ci sono i fantasmi, Dries?”. “Sì, ci sono e hanno tutti la faccia di donna Carafa”.
Dries conosce perfettamente la storia di Palazzo Donn’Anna. Per questo Mertens è diventato il principe di Posillipo. La sua casa ha un terrazzino a picco sul mare, all’orizzonte il Vesuvio verde e viola e la roccia di Capri. Può essere la felicità se si sa coglierla.
LA VITA DI MERTENS A NAPOLI
Dries non perde tempo alla playstation. Vive intensamente la città e il pallone è una parte della sua storia napoletana.
Dries corre da Aurora in ospedale, la bimba che ha il cancro, e gioca con lei “a moglie e marito”. Corre in Piazza Garibaldi per sfamare i senzatetto con tranci di pizza.
Dries è ai baretti di Chiaia, ai Quartieri spagnoli, alla Sanità.
E’ la vita di Napoli che lo attrae, il dolore e la gioia dei quartieri più popolari. “Non mi muovo da Napoli, sono napoletano”, dice.
E’ incredibile la leggerezza con la quale Dries Mertens, il ”nano” di mezzo (1,69) tra Insigne (1,63) e Callejon (1,78), si sia issato tra i primissimi goleador del Napoli, superarando Maradona (115 gol) e pronto a detronizzare Hamsik (121).
Un attaccante-giocattolo che non ha la potenza di Jeppson e Vinicio, non ha la classe immensa di Altafini, non ha il colpo di testa di Savoldi e lo spunto micidiale di Careca.
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I GOAL DI DRIES
Dries Mertens, non ha neanche l’ossessione del gol. Non sfonda, accarezza la rete e corre felice come un bambino.
Ha cominciato a prenderci gusto la sera del 29 novembre 2018, girone di Champions contro la Stella Rossa al San Paolo, quando segnò il centesimo gol in maglia azzurra: “Non poteva essere più bello il mio centesimo gol. Datemi altri sei mesi e diventerò il primo cannoniere del Napoli superando anche Hamsik”.
Poiché nei gol ci mette sentimento, molti dei gol di Dries Mertens colpiscono il cuore e gli occhi.
Sono gol sentimentali nei quali brilla la fantasia di Napoli. Cominciò a stupire quand’era già quasi Natale 2016. Dilagò con una “tripletta” a Cagliari e, la domenica dopo, fece “poker” al Torino e nel “poker” infilò un lungo pallonetto, un “cucchiaione”ad Hart che gonfiò di stupore il San Paolo.
Un anno dopo, a Roma contro la Lazio, cercò di dribblare Strakosha, il portiere toccò appena la palla allontanandola di lato, Mertens la rincorse e, spalle alla porta, senza guardare il bersaglio, la mise dentro con un morbido pallonetto in girata.
Alla Lazio e al portiere Orsi Diego aveva rifilato una identica bellezza. Dries si schermì: “Più bello il mio gol o quello di Maradona? Quello di Maradona”.
A Marassi, contro il Genoa, di esterno destro addomesticò in corsa un lancio che gli veniva da 40 metri, e fiondò di sinistro il pallone sotto la traversa, un anticipo della prodezza contro la Stella Rossa.
Quando fece tre gol all’Empoli variò sempre l’esecuzione: una puntata da fuori area, un lob interno destro a giro, un dribbling al portiere.
L’ESULTANZA DI MERTENS
Dries accompagna spesso con ironia i suoi gol napoletani. “Mi piace fare qualche stupidaggine dopo il gol”. A Roma, dopo avere infilato Szczesny con un pallonetto partenopeo andò verso la bandierina del corner, alzò la gamba destra e mimò un cane che fa la pipì: fu un omaggio a Juliette, la sua bastardina.
Un’altra volta segna, mette il pallone sotto la maglietta, tutti pensano che Kat, la sua compagna, sia incinta, invece Dries va verso il corner, si siede e col pallone sotto la maglietta mima un uomo che guida la macchina.
Disse: “Ho voluto ricordare il mio tassista Dolly che ha una pancia come un pallone”. Fa di queste cose Mertens e, dopo un altro gol, ha detto: “Ho fatto il gesto di bere con gli amici”.
MERTENS A NAPOLI MAI UN BRONCIO
Ma non è stato facile per Dries. “Con Benitez non giocavo molto, poi con Sarri la percezione del mio valore è cambiata”.
All’inizio, dentro-fuori-dentro. La staffetta con Insigne, imperate Higuain al centro dell’attacco. Con Benitez 98 presenze in 112 partite: 29 intere, 30 volte sostituito, 39 volte in campo dalla panchina.
Con Sarri la conquista della maglia del finto nueve (non c’erano più centravanti: ceduto Higuain, infortunatosi Milik preso per 32 milioni, in ritardo Pavoletti giunto dal Genoa per 18 milioni, confuso Gabbiadini costato 12,5 milioni e dirottato al Southampton per 17):
135 presenze in 148 partite, 53 gare piene, 37 volte sostituito, 45 volte entrando dalla panchina.
Nel primo anno di Ancelotti, 47 presenze in 52 partite: 15 intere, 16 volte sostituito, 16 volte subentrando. In totale, 97 partite piene su 312.
Però mai un broncio, una protesta. Sempre un andirivieni educato: entrava, giocava, usciva. Dries ha sempre l’animo lieto.
Questo colibrì del gol, tra campionato e Coppa Italia, ha infilato palloni a 24 squadre italiane. Undici gol ha fatto al Bologna, otto al Cagliari, sette alla Fiorentina, cinque alla Roma, tre alla Juve, solo due all’Inter. Quattro gol in una volta al Torino (tre su azione e un rigore), cinque triplette, dieci doppiette.
In Europa ha segnato a 14 squadre. Questa è la storia in cifre, gol, gesti, fantasie, campo e panchina del colibrì belga Dries Mertens, il principe di Napoli che presto diverrà re sul trono azzurro dei gol.