Lo sapevi che: Napoli era ricca di Porte, passarono anche Annibale e San Pietro.

Napoli era ricca di Porte, passarono anche Annibale e San Pietro.  Quando si tratta di entrare in una città, “la porta” assume un ruolo non solo funzionale, ma, come nel caso partenopeo, ha espresso nel tempo il prestigio ed il potere della città: fregi, bassorilievi e dipinti, che adornavano o adornano ancora oggi gli ingressi, raccontano la storia, la cultura del luogo, nel bene e nel male.

Di: Francesco Pollasto

 Napoli era ricca di Porte vi passò il potere

Le porte, costruite o ricostruite all’epoca della peste abbattutasi a Napoli nel 1656, furono adornate di immagini sacre e drammatiche (tranne una, la porta di Chiaia, che, oltre all’immagine “centrale” della Vergine con bambino, non presentava alcun immagine tragica ma solo Santi in gloria per affermare la liberazione dal flagello) rappresentanti le sofferenze derivate da quell’occasione.
Le porte di Napoli seguirono lo sviluppo dell’ampliamento della città: aperte, chiuse e spostate a seconda delle esigenze urbane e del popolo conquistatore di turno.
Alcune porte erano ampie, ricche di fregi, circondate da torri, e prendevano il nome di santi, (porta San Gennaro), viceré (Port’Alba) e, in certi casi, il nome del luogo su cui esse immettevano la strada (Porta Capuana). Altre, per niente decorate ma affollate di case e caratterizzate solo da conci, prendevano spesso i nomi della funzione del quartiere e della tipologia di cibo venduto nelle vicinanze ( porta del Pesce). Addirittura, alcune di esse erano “pertugi”, varchi aperti abusivamente per facilitare e abbreviare i tempi di ingresso alla città.
La topografia di epoca greco- romana seguiva uno schema preciso in tre decumani:
– il decumano superiore seguiva il tracciato di via SS. Apostoli, via Anticaglia, via della Sapienza; ad oriente dunque vi era Porta Carbonara, ad occidente Porta Romana vicino via Costantinopoli.
– Il decumano maggiore, invece segnava il tracciato di via S. Pietro a Maiella, Via Tribunali fino a Castel Capuano, ad occidente, vicino la chiesa Croce di Lucca, c’era Porta Puteolana, ad oriente la porta Campana.
– Il decumano inferiore, in ultimo, seguiva l’asse viario di S. Domenico Maggiore, via San Biagio dei Librai; ad occidente c’era Porta Cumana, ad oriente, presso Forcella, Porta Ercolanense.

Le porte di Napoli

Esistono poi notizie di altre porte a settentrione e meridione, tra cui una certa Porta Ventosa (già presente nel IX secolo) il cui nome derivava forse dal vento di Scirocco; oppure di porte costruite a seguito di assalti di popoli invasori nei secoli X- XI, come Porta San Gennaro nei Vergini che conduceva alle catacombe dedicate al Santo.
Con gli Angioini, furono edificate Porta Petruccia e Porta Del Muricino, di fronte alla chiesa del Carmine, mentre con gli Aragonesi, (vedi N. Carletti, Storia della regione abbruciata in Campagna Felice, Napoli, 1787, p.48) furono edificate le porte Carmine, Nolana, Capuana e San Gennaro; la mutazione aragonese, composta anche da 27 torri è rimasta intatta fino al 1870.
Con il Viceregno, si edificarono la porta di Costantinopoli e porta dello Spirito Santo.
Porte abusive furono Port’Alba e Medina.
Il Regno Borbonico sancì la fine della fortificazione e il conseguente decadimento delle porte.
Oggi, le uniche superstiti sono: Porta Capuana, Porta Nolana (entrambe di epoca aragonese), S. Gennaro e Port’Alba (di epoca vicereale).
La via Tribunali aveva la porta che “menava a Capua”, via Forcella aveva due porte, da una si dipartiva la strada per Nola e dall’altra, la strada per Cuma. Racconta B. Capasso che fuori le porte stazionavano i veicoli da nolo per comodo di coloro che dovevano recarsi alle città vicine.
Già nel 1400 esistevano numerose porte che interrompevano la cinta muraria difensiva della città, infatti, nella lettera dell’ambasciatore di Ferrara Lionello d’Este (datata 1444) diretta al fratello, Principe Borso, è riportato l’elenco di almeno 10 porte napoletane della quali, tre al quartiere Porto, quattro ad Oriente e d altre tre a Nord.
Alcune di queste molto antiche, non sono sopravvissute, è il caso della sconosciuta Porta Petruccia eretta nei primi anni del 1300 tra S.Maria la Nova ed il Largo delle Corregge. Divenuta inutile per la nuova murazione aragonese del 1484, fu spostata verso sud ed assunse il nome di Porta S. Spirito; quando nel 1563 il duca d’Alcalà, continuando l’opera di Don Pedro De Toledo, fece allungare le mura occidentali verso S. Lucia ed il Chiatamone, la porta fu demolita per aprirne un’altra a via Chiaia che a sua volta, scomparve nel 1782 allorquando cadde la cinta muraria cittadina.
Stessa sorte ebbe la bella Porta di Costantinopoli, questa fino all’inizio del 1300 si trovava in linea con il Conservatorio (all’epoca Monastero dei Celestini); il nome originario era Domini Ursitate corrotto poi dal popolo in Donnorso.
Una porta decisamente ballerina visto che al tempo di Carlo V fu riposizionata sull’attuale via Sapienza, poi, con la nuova murazione voluta da Don Pedro, ebbe diversa dimora a via Costantinopoli e da essa prese il nome. Infine, fu diroccata definitivamente nel 1852.

Sul finire del XIII secolo esisteva una porta detta Cumana sul limite di via B. Croce, in quello stesso secolo venne spostata tra Piazza del Gesù e via Domenico Capitelli e ribattezzata Porta Reale.
A quanto pare la posizione non fu quella definitiva perché nel 1536 venne nuovamente spostata al capo Nord di via Toledo ma, ancora una volta, due secoli più tardi, fu diroccata per rendere più agevole il traffico.
Oggi, in luogo della porta, restano due lastre di marmo che ne ricordano la costruzione e la demolizione.
Tra le porte interne alla città tuttora esistenti bisogna ricordare Porta Capuana,
all’origine si trovava presso l’attuale Tribunali ma, nel 1488, durante i lavori di ampliamento fu innalzata dove oggi si vede.
La porta disegnata da Giuliano da Maiano ed affrescata da Mattia Preti, si erge maestosa tra due torri cilindriche (come la maggior parte delle porte napoletane),chiamate Virtù ed Onore.
Ai lati si trovano anche le statue di S. Gennaro e S. Agnello, l’arcata è completamente decorata con finissimo marmo bianco, mentre sul cornicione della porta si trova unattico diviso in otto quadranti al centro dei quali, due angeli sorreggono lo stemma degli aragonesi.
Una volta questa recava un gruppo marmoreo raffigurante Ferrante, lo stesso fu rimosso prontamente quando nel 1535 Carlo V entrò in Napoli, inoltre, in quell’occasione, Don Pedro vi fece apporre l’aquila bicipite.
Ulteriori restauri furono compiuti nel 1656 e nel 1737 quando entrò in Napoli il diciottenne Carlo di Borbone.
Secondo V.Gleijeses nei pressi di Porta Capuana esisteva da tempo immemorabile una porta che vide il passaggio di Annibale nel 216 a.C. e, come vuole la leggenda, anche l’ingresso in Napoli di San Pietro.
Questa porta era collocata “sul fosso di Castel Capuano” accanto alla chiesa di Santa Maria a Porta (non più esistente).
Poche notizie si hanno di Porta Nolana eretta in sostituzione della Porta di Forcella (posta approssimativamente tra l’Ospedale Ascalesi e via Annunziata. Porta Nolana è sostanzialmente un arcone posto tra due torri cilindriche chiamate Speranza e Cara Fè, che reca in chiave un bassorilievo in marmo raffigurante Ferrante d’Aragona a cavallo.
La porta napoletana più nota in assoluto e’ Port’Alba. Era chiamata dal popolo “Porta Sciuscella” per gli alberi di carrube presenti negli orti vicini. La porta voluta nel 1625 dal viceré dal quale prende il nome, era la porta di mezzo tra quella Reale e quella di Costantinopoli.
Prima dell’apertura della porta, i popolani pigri ed ingegnosi, avevano ivi praticato un buco per entrare in città evitando il giro per le altre due porte.
La Porta che oggi si vede non è quella originaria, venne, infatti, ristrutturata sul finire del 1700 e vi fu portata la statua di San Gaetano che sormontava la demolita Porta Reale.
L’usanza di praticare pertugi venne continuata in corrispondenza di quella che è poi diventata Porta Medina, che non a caso, si chiamava Porta Pertuso (che in lingua napoletana significa per l’appunto buco, pertugio) nulla più di un varco che consentiva il passaggio.
Porta San Gennaro , In età ducale la porta fu ricostruita poco lontano dal luogo originale, tra Caponapoli e il vallone di Foria, nei pressi del Monastero di Santa Maria del Gesù delle Monache.
Già dal X secolo si hanno testimonianze che la porta veniva denominata di San Gennaro. La porta veniva detta anche del tufo perché da essa entravano i grandi blocchi di tufo delle cave del vallone della Sanità.
Nel 1537 fu ancora spostata per volere di Don Pedro di Toledo e furono eliminate le due maestose torri fortificate che la fiancheggiavano, occupando la collocazione che ancora oggi conserva su via Foria, di fronte a piazza Cavour, inglobata nel complesso edilizio che gli è stato costruito intorno.
Dopo l’epidemia di peste del 1656, come ex voto, vi fu aggiunta un’edicola affrescata da Mattia Preti, con motivi sacri (i Santi che implorano la fine della peste), oggi ancora in buono stato di conservazione dopo il recente restauro. L’affresco raffigura San Gennaro, Santa Rosalia e San Francesco Saverio.
Meno famose ma altrettanto importanti furono le porte marine, create per consentire la comunicazione con i diversi punti della zona portuale , tant’è che si trovano a poca distanza l’una dall’altra, non ebbero dei caratteri architettonici definiti come le porte interne. Ben sedici erano le porte delle quali non si conserva più traccia, eccezion fatta per la Porta del Carmine. Queste prendevano sovente il nome dall’attività che in loco si svolgeva, è il caso della Porta della Conceria che immetteva nel vicolo dove lavoravano i conciapelli, oppure la Porta della Mandra, dove venivano sbarcate le mandrie destinate al macello. Resta però nella memoria cittadina la Porta di Massa così detta perché vi approdavano le feluche provenienti ogni giorno da Massa Lubrense con il carico di rifornimenti per la città.
Le imbarcazioni portavano ogni sorta di generi alimentari tra questi, latticini, vini, frutta e soprattutto vitelli.
Il piazzale di Porta di Massa era noto come “le tavolelle” perché i capimastri, gli uomini di affari e altri, trascorrevano ivi il tempo libero a bere un bicchiere di vino buono evidentemente seduti su panche o tavole di fortuna.
Anche queste porte, con la relativa murazione, sopravvissero fino al 1700, quando Carlo di Borbone ne ordinò l’abbattimento per ampliare il Porto; delle ventisei originarie, oggi ne rimangono quattro: la Nolana, la Capuana, la San Gennaro e Portalba, mentre delle 28 torri esistenti, oggi si possono ammirare solo quelle che appunto fiancheggiano le suddette porte.

Fonte: Gabriella Pesacane per alcovacreativa- Romualdo Marrone: guida insolita ai misteri di Napoli, Newton Compton Editori.

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