Lo sai perchè le tre strade principali di Napoli non dovrebero chiamarsi DECUMANI?

Cardi e decumani, perché non dovrebbero dirsi così?

Prima di tutto, per quanto innocuo, smascheriamo un errore costante e ripetuto.

Le strade che compongono la pianta di Neàpolis non dovrebbero essere chiamate alla latina, e non per un capriccio: sono di origine greca e, in virtù del patto di ferro che legò la città con Roma (il foedus Neapolitanum del 326 a.C.), Napoli tutelò la propria libertà di culto e di espressione finanche nella formulazione degli atti pubblici, e continuò a parlare la propria lingua, il greco, fino al V secolo d.C.

I decumani sono le tre strade parallele principali, le plateiai, corrono da oriente a occidente e ripartiscono il centro antico in quattro sezioni; le tre vie longitudinali s’incrociano con una serie di vie più piccole e perpendicolari che calano da nord a sud, lestenopoi o cardi, alla romana.

SCACCHIERA

L’intreccio tra plateiai e stenopoi forma la caratteristica scacchiera (una rappresentazione simbolica del Cosmo) attribuita al famoso architetto pitagorico Ippodamo da Mileto, sebbene ci sia chi è pronto a giurare che la città nuova non porti la sua firma: Ippodamo visse nel V secolo a.C., e la fondazione parrebbe risalire a uno o due secoli prima. La querelle, però, è di lana caprina: la struttura a strigas, “fasce”, di Neàpolis, invero, rispecchia pienamente la concezione dell’urbanistica tradizionale rielaborata dai pitagorici, corrisponde, cioè, a un modello di città sacra quale proiezione sulla Terra dell’ordine dell’Universo in cui ogni via è proiezione celeste e – applicando le regole delle proporzioni, della corrispondenza numerologica e dell’ordine cifrato del Kòsmos (la formula pitagorica della tetraktys) – ricalca il tracciato della mappatura dello zodiaco.

PITAGORA

Del resto, c’è da aggiungere, lo stesso Maestro di Samo, Pitagora – indirettamente anche a Napoli – fondò una scuola in cui, agli iniziati – chiamati non a caso esoterikoi, “esoterici” – insegnava le leggi divine, non le proprie.

Fonte: Agnese Palumbo Newton Compton editori s.r.l

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