Il parto di monte Nuovo
Ecco la cronistoria della nascita de “il monte nuovo”
Intorno a mezzogiorno di sabato 28 settembre 1538, il mare si ritirò di circa duecento passi (trecentosettanta metri), i pesci rimasero agonizzanti sulla riva e i puteolani corsero a raccoglierli come se fosse stata la risposta alle loro preghiere, un dono di Dio.
Il giorno di san Michele, tra il monte Barbaro, il lago d’Averno e il mare, si formò un avvallamento di circa quattro metri dal quale uscirono due getti d’acqua, uno fresco e limpido e l’altro caldo, salato e sulfureo.
Poco più tardi, nella medesima depressione, si formò un rigonfiamento del terreno «come quando la pasta cresce», e poi si aprirono alcuni crepacci.
Alle 20:00 la prima voragine: la bolla di terra sprofondò e dal baratro, per tutta la notte, con un boato, uscirono fuoco, pietre grandi «come un bue», fumo e cenere. Il giorno successivo si sentì «un odore di zolfo fortemente fetido», la terra continuò a tremare e a sputare fiamme, e i puteolani fuggirono verso Napoli.
Il villaggio medievale di Tripergole venne inghiottito con tutti gli abitanti, e fecero la stessa misera fine le antiche terme di epoca romana, tra le quali i bagni di Cicerone; fu ingerita dalle viscere anche la villa del famoso retore di Roma, la Cumanum o Academia.
Intanto che continuava la pioggia di pietre, dalla città accorse il viceré don Pedro da Toledo con gli scienziati di corte per assistere al fenomeno persistente, ma si fermò prudentemente nei pressi della Solfatara, alla cappella di San Gennaro.
Il primo ottobre, mentre a Napoli – appena “sporcata” da un paio di centimetri di cenere – sfilava una processione con il busto e la reliquia di san Gennaro, i fumi iniziarono a diradarsi e a mostrare l’incredibile parto della Terra: un’altura di circa un centinaio di metri che fu chiamata monte Nuovo.
Chi si spinse fin sulla cima mosso dalla curiosità ed ebbe modo di raccontarlo, notò che il colle appariva «simile a uno calice riverso», era cavo e dentro la caldera «bollivano le pietre le quali vi erano ricadute»: durante quella escursione morirono ventuno uomini. Ora il vulcano di monte Nuovo è inattivo, si alza per circa centotrenta metri ed è un’oasi naturalistica a breve distanza da Arco Felice.
È possibile fare diverse escursioni suggestive tra cui quella della seconda caldera, durante la quale si possono identificare delle piccole fosse da cui si sprigionano fumarole, e ci si può imbattere in alcuni ruderi di età romana.