Le quattro giornate di Napoli. La vera storia e il patto segreto per salvare il nord

Le quattro giornate di Napoli del Settembre del 43. La vera storia della cacciata dei nazifascisti dal capoluogo campano.

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Le quattro giornate di Napoli tra il 27 ed il 30 settembre 1943,  sono un momento importantissimo nella storia del capoluogo partenopeo, ma racchiudono anche molti punti oscuri, lo scrittore Angelo Forgione , racconta la vera storia delle quattro giornate:

Grazie alla “liberazione” americana”, Napoli è passata dall’essere città più importante d’Italia, ordinata capitale, a emblema di un crollo morale ed economico tuttora drammaticamente in corso.

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI. La cacciata dei nazifascistiQuello che vedete è il volantino che lessero i napoletani il 21 luglio 1941, dopo il primo bombardamento degli Alleati anglo-americani. Qualche giorno prima, il presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Roosevelt aveva scritto al primo ministro del Regno Unito Winston Churchill:
“[…] Noi dobbiamo sottoporre la Germania e l’Italia ad un incessante e sempre crescente bombarda-mento aereo. Queste misure possono da sole provocare un rivolgimento interno o un crollo.”

Stimolare la sollevazione contro i tedeschi

Era iniziato l’accanimento bellico, una strategia psicologica, puramente terroristica a base di incursioni dal cielo finalizzate all’esasperazione popolare. Bisognava stimolare la sollevazione contro i tedeschi e la disapprovazione popolare nei confronti di Mussolini per la decisione di seguire la Germania di Hitler e trascinare l’Italia in una guerra proibitiva.

Il piano di Washington e Londra

Le bombe, dopo aver demolito i siti strategici, dovevano abbattere anche il morale della gente. Il piano, concertato tra Washington e Londra, fu accettato in modo occulto anche dalla Casa Reale Savoia a Roma e, soprattutto, dalla Massoneria italiana in cerca di riscatto dalla messa al bando fascista, cui era legato il maresciallo piemontese Pietro Badoglio, candidato a sostituire Mussolini alla guida del Governo, ruolo conferitogli poi, nel luglio del 1943, dal massone Vittorio Emanuele III, il quale ordinò l’arresto del Duce.

Armistizio segreto

Il Regno d’Italia concordò e siglò segretamente l’armistizio con gli Alleati anglo-americani, ma l’accordo fu reso noto solo l’8 settembre per insistere ancora qualche mese nella strategia psicologica, poiché la guerra non si poteva vincere senza convincere. Tutti corresponsabili di immotivate vessazioni sulla pelle dei napoletani pur di rovesciare il dittatore.

Napoli in ginocchio

Tra congiure di palazzo e bombardamenti sugli innocenti, Napoli fu messa letteralmente in ginocchio. Il porto fu raso al suolo e i monumenti risultarono gravemente danneggiati. Persino la Reggia di Caserta e gli scavi di Pompei furono ripetutamente, violentemente e selvaggiamente colpiti, perdendo reperti e preziosissimi dipinti.

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI. La cacciata dei nazifascisti

Le quattro giornate di Napoli

Napoli, con tutto il Sud, fu colta di sorpresa dall’annuncio dell’armistizio, quando in città vi erano circa ventimila tedeschi. La situazione divenne di colpo caotica e il popolo, senza protezione alcuna, divenne ostaggio e vittima della furia vendicativa nazista. L’esacerbazione popolare diede soddisfazione agli Alleati con la rivolta delle Quattro giornate di Napoli del settembre 1943, in cui i partenopei, spazientiti dall’ordine di sfollare il centro urbano e rassicurati dall’avanzata degli anglo-americani da Salerno, poterono portare a compimento la cacciata dei nazifascisti tanto stimolata da Roosevelt.

Operazione Sunrise per salvare il nord

La Resistenza avrebbe trionfato nell’aprile del 1945, ma grazie alla positiva conclusione dell’operazione militare segreta “Sunrise”, occultata dalla storiografia ufficiale per non sminuire lo spirito partigiano, ma decisiva per la resa separata delle truppe tedesche in Italia e per risparmiare al Nord ulteriori distruzioni civili e industriali.

La caduta morale di Napoli

Migliaia di famiglie napoletane in lutto, un terzo degli edifici in macerie, il porto distrutto, mancanza di gas, carenza d’acqua e di viveri, condizioni igieniche pessime e tifo petecchiale insorto per la promiscuità nelle affollate cavità sotterranee adibite a ricoveri pubblici. In queste condizioni Napoli, la città più bombardata d’Italia (circa 200 raid di cui 120 a segno), inaugurò il suo dopoguerra molto prima che finisse la guerra e si inoltrò in un periodo senza terrore ma con mille angosce. Per ben un anno e mezzo, infatti, i napoletani furono costretti a badare a se stessi, rappresentando un mondo a parte, duramente martirizzato e umiliato, che si arrangiava alla meglio sotto il controverso controllo degli Alleati. La precoce liberazione segnò purtroppo l’avvio di una caduta morale e spirituale di un popolo che tanto ricco di dignità si era mostrato durante la cacciata dei nazisti.

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI. La cacciata dei nazifascisti

l’inizio del declino: Vito Genovese e Lucky Luciano

Governatore di Napoli fu il colonnello americano Charles Poletti. L’alto funzionario statunitense scelse come aiutante e interprete don Vito Genovese, socio del famigerato Lucky Luciano e boss di una delle cinque famiglie mafiose di New York, rifugiatosi in Italia per sfuggire a un processo per omicidio, passato opportunamente dalla parte degli antifascisti e resosi molto utile, grazie ai suoi particolari legami, allo sbarco sull’Isola degli Alleati, cioè all’inizio dell’invasione nazionale che portava la liberazione. Il boss, approfittando del razionamento dei viveri, fece prosperare il commercio clandestino dei generi alimentari a Napoli, coperto dagli ufficiali americani che ne favorivano gli affari.

Declino morale della città e del sud

La delinquenza dilagò enormemente. Centinaia di detenuti cui i tedeschi in fuga aprirono le celle nelle prigioni napoletane ebbero campo libero per depredare e alimentare la criminalità. La camorra fece un ulteriore salto di potere. I loschi affari di don Vito Genovese si interruppero di fronte all’arresto e all’estradizione negli Stati Uniti. Il boss fu sottoposto al processo che aveva cercato di evitare fuggendo in Italia, durante il quale un testimone chiave morì avvelenato in circostanze “misteriose”. Don Vito fu assolto dalle accuse per mancanza di prove, e partì alla conquista dei vertici della mala statunitense.

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI. La cacciata dei nazifascisti
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l’Italia divenne mafiosa

Nella povertà napoletana degli anni Cinquanta guadagnò potere la camorra. La malavita, ingannevolmente cancellata dal regime fascista ma maggiormente rinvigorita dal narcotraffico instaurato con le cosche statunitensi e dai rapporti con i politici repubblicani. Complici i clientelismi politici crescenti.  Le mafie del Sud aumentarono progressivamente il loro radicamento e la loro influenza sia nel tessuto sociale della plebe che negli ambienti più decisivi dell’amministrazione.

Esportazione delle mafia grazie alla legge

Molti malavitosi meridionali furono mandati al confino settentrionale dal ‘soggiorno obbligato’. Una legge del 1956 con cui la classe politica del tempo pensò di allontanare dai territori d’origine i mafiosi senza condanna.

I politici erano convinti che al Nord non sarebbero riusciti a ricreare una rete criminale. E invece l’operazione finì con il ribaltare l’assioma. A Milano e nei centri limitrofi furono relegati circa quattrocento uomini delle cosche.

La maggioranza erano calabresi, che sfruttarono le convenienti condizioni economiche del florido periodo postbellico e la maggiore autonomia d’azione rispetto alle lontane zone di origine, facendo di quei luoghi dei veri e propri quartieri generali del crimine organizzato.

Rapporti occulti

Nei favolosi anni Sessanta iniziarono ad allacciarsi i primi occulti rapporti fra mafiosi meridionali e imprenditori lombardi. Nella zona esplose il fenomeno dei sequestri di persona a scopo di estorsione, gestiti per lo più dalla ’ndrangheta, talora con l’appoggio entusiasta delle bande locali.

Ben presto, il capoluogo lombardo divenne uno dei mercati più importanti per il traffico e il consumo di stupefacenti. La nuova possibilità permise ai clan di acquisire ingenti capitali e liquidità utile a creare importanti legami con l’imprenditoria e la politica del posto. La zona si consacrò come cuore economico della malavita organizzata e si avviò a posizionarsi tra le peggiori d’Italia per numero di reati mafiosi.

Brani essenziali tratti da Napoli Capitale Morale

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