La leggenda della ballerina caprese e del fantasma di Tiberio

La leggenda della ballerina caprese e del fantasma  di Tiberio. Carmelina Corrotta è per tutti, a Capri, la Bella Carmelina. Ella intratteneva i turisti, i curiosi e i visitatori sul bordo del salto di Tiberio.

Quando l’archeologo arrivò, il fantasma sparì. La febbre delle ricerche, come la chiama Amedeo Maiuri nel suo Breviario di Capri, sconvolge i luoghi, viola i segreti, rompe equilibri arcani.

Quando arrivò sull’isola azzurra, salì fin sopra il monte Tiberio, dov’erano arroccati i resti dell’antica villa dell’imperatore, diede inizio ai lavori, senza immaginare che da quel momento la ballerina di tarantella avrebbe perso il suo fantasma. «A me pare un eremo di potenza e di dolore, quale solo un grande imperatore odiato diffamato e sventurato poteva scegliere per la sua dimora», scrive l’archeologo affascinato da quell’imperatore triste che amò per tutta la vita Agrippina, costretto a ripudiarla per motivi politici e a sposare Giulia, la figlia di Augusto.

La ballerina caprese e il fantasma  di Tiberio

Nel 1904, Carmelina Corrotta è per tutti, a Capri, la Bella Carmelina. È la ballerina di tarantella più famosa dell’isola. Il suo ritmo seducente intratteneva i turisti, i curiosi e i visitatori sul bordo del salto di Tiberio, il vertiginoso strapiombo dal quale il massimo romano si dice facesse precipitare chiunque arrivasse a disturbarlo. Poco si racconta che di notte, alla chiusura dell’osteria, la ballerina incontrasse il fantasma di Tiberio, per ascoltare le sue storie e consolarlo con le sue danze. In molti la consideravano la sua ancella, lei si definiva “la sua schiava”. Lo incontra al tramonto, quando i forestieri sono andati via, ascolta i suoi sfoghi e i suoi racconti. L’unica capace di lenire quell’anima tormentata del passato, quell’uomo ritenuto folle e disperato, che dalla piccola isola napoletana per dieci anni aveva comandato il mondo (dal 27 al 37 d.C).

Nel suo Elogio di Carmelina, l’archeologo le parla, quasi a risolvere un debito che lo attanaglia. Il suo arrivo a Capri è anticipato dai trionfi della stampa, il celebre scopritore della Villa dei Misteri, della Grotta della Sibilla a Cuma… Per un lungo anno i suoi attrezzi scaveranno senza tregua, «con nembi di polvere, cigolìo di ferri, sassi che rotolano per il balzo pauroso della rupe», fino a quando non si avrà la scoperta dell’antica, sfarzosa, dimora romana. Riemergono le cucine imperiali, le terme, la terrazza dell’ambulatio e dello specularium, fino ad allora sepolti. Duemila anni dopo tornava a vivere l’intera ala ovest della villa. È un lungo anno di lavoro, che per Maiuri e Carmelina si traduce in una guerra fredda, “vigilia d’armi” scrive lui stesso: «Per lunghi mesi, lo so, sei rimasta accorata nella tua cella, in attesa che quel frastuono e quella bufera passasse”. L’osteria ha perso la magia. I clienti non sono più intellettuali affascinati dalle memorie del luogo, saliti fin sul monte per godere della tarantella più sensuale del Golfo di Napoli, per ascoltare i racconti della bellissima donna bruna che danza sotto la luna per acquietare l’animo dell’imperatore triste. I suoi avventori adesso sono operai, scavatori e tecnici affamati e impolverati, stanchi di fatica, disincantati dalla polvere e dalla pietra. Senza l’incantesimo, quella taverna tornava a essere solo quello che era, una casuccia di contadini, arroccata su un monte, in uno squarcio desolato.

«Io vedevo e rispettavo il tuo dolore di veder scomparire quella che era stata per te la fisionomia familiare dei luoghi, di veder svelato crudelmente il mistero che la tua fantasia aveva animato…», scriveva ancora Maiuri. I luoghi hanno cambiato definitivamente aspetto, la pace segreta di certi anfratti è svelata senza pudore. Arriva la calca rumorosa dei turisti. Carmelina vede sparire la seduzione di quegli antri e la sua stessa bellezza, il tempo passa e la sfiorisce, dopo averle sciolto il sortilegio. I luoghi sono violati e Tiberio stesso non si sente più al sicuro. Non ha più voglia di parlare. Sparisce lasciandola sola al chiarore della luna. Sono inutili le attese, le danze, inutili perfino i racconti. In mezzo c’è la Guerra mondiale, la seconda. Il mondo intero non è più lo stesso, e quando Maiuri torna a Capri la incontra per l’ultima volta. L’archeologo sale lungo la scala che porta a Villa Jovis, un’anziana donna scende. Solo nello sguardo sfuggente riconosce i suoi occhi.

Ha una «veste bigia, una sporta nella mano, un povero cane spelacchiato tenuto con una cordicella al guinzaglio». Lo sguardo fiero, che anni prima gli teneva testa, è ammansito, più che una ballerina di tarantella, adesso sembra «una penitente che sale alla cappella della Madonna, lassù tra le rovine». «Perché ti turbi, Carmelina, tu che non ti sei turbata al racconto delle nefande storie del tuo imperatore? Troppo ti addolora veder costumi di circasse sulle gradinate del palazzo?». L’ultima domanda è l’estremo tentativo di espiazione. Quella salita oggi porta il suo nome. Il progresso ha vinto. Poco dopo quell’incontro, Maiuri seppe che a 75 anni Carmelina, dopo aver tagliato a forbiciate i suoi abiti della danza, si era lasciata andare nel vuoto dal suo piccolo balcone.

La storia dell’ultima ancella di Tiberio è diventata essa stessa mito nell’isola azzurra.

Fonte: Agnese Palumbo – Maurizio Ponticello. Misteri, segreti e storie insolite di Napoli. Newton Compton editori

 

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