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NAPOLI – Le Highlands e il Vesuvio. Glasgow e Fuorigrotta. A prima vista, due mondi lontani. Ma da tempo, Napoli e Scozia condividono una passione viscerale: il calcio. E a testimoniarlo c’è Robin Lindsay, scozzese di nascita e napoletano d’adozione, oggi collaboratore linguistico all’Università L’Orientale. Giunto per la prima volta a Napoli nel 1971 per seguire il padre, militare alla Nato, Lindsay ha poi scelto di tornarci per lavoro nel 2000, e da allora non ha più lasciato la città, né la maglia azzurra.
Lo racconta lui stesso in un’intervista pubblicata su Il Mattino da Marco Perillo: «Era una Napoli con pochi stranieri, senza il turismo di oggi. Eppure, mi ha conquistato. Il tifo caloroso mi ha travolto: è simile a quello scozzese. Anche se il Napoli era in Serie B, con Schwoch e Stellone, mi abbonai subito allo stadio».
Tifoso dei Rangers e del Napoli: un cuore diviso a metà
Lindsay, originario di Glasgow, ha nel cuore anche i Rangers, «squadra della mia infanzia – spiega –. Ricordo quando vi giocava Gattuso, e poi il destino l’ha portato ad allenare il Napoli». Non manca una riflessione sul filo che unisce i due club: «Hanno vissuto il fallimento e sono rinati, con una passione identica a quella dei loro tifosi».
Oggi, Robin continua a frequentare il Maradona, insieme alla moglie Annalisa, alla figlia Mia Elsie Rose e al nipote Edo Piccirillo, anche lui abbonato “da sempre”. E se vi chiedete se la passione per il Napoli sia davvero arrivata in Scozia, la risposta è netta: «Sì, in Scozia non si parla d’altro. Nei pub e sui giornali si leggono articoli su McTominay e Gilmour. Le partite del Napoli si seguono ovunque».
Napoli vista da nord
Lindsay ha parole entusiaste anche per Scott McTominay, oggi simbolo della squadra azzurra: «Nel Manchester United non aveva continuità, ma ho sempre saputo che fosse un campione. Gli serviva solo una piazza con calore e ambizioni». E su Gilmour, altro talento scozzese: «Non è il classico calciatore britannico: è tecnico, intelligente. Lo seguiamo da quando aveva 12 anni».
Infine, una riflessione sull’affinità culturale tra Napoli e la Scozia: «In fondo siamo simili. Voi meridionali, noi scozzesi: entrambi dobbiamo sempre trovare strade nuove per superare ostacoli e differenze con il Nord. L’intelligenza e l’immaginazione sono le nostre armi migliori».
Nel racconto di Il Mattino, la testimonianza di Robin Lindsay diventa il simbolo di un legame sempre più profondo: Napoli, oggi, non è solo una squadra o una città. È un crocevia di culture, di cuori, di storie che si intrecciano nel nome del calcio. Anche in kilt.