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Daniel Fonseca oggi vive fra Rio de Janeiro e gli stadi del Sudamerica, seguendo passo dopo passo Giorgian De Arrascaeta, il suo assistito e “figlio calcistico”. A Tuttosport, però, basta nominare Napoli e Juventus per riportarlo immediatamente agli anni italiani, alle sue sfide più intense, ai mister che l’hanno formato e ai compagni che lo hanno trasformato in un attaccante completo.
«In Brasile ormai mi conoscono solo come l’agente di De Arrascaeta – racconta a Tuttosport – ma va bene così. Qui ha vinto tutto. Io mi godo i suoi successi, siamo insieme da una vita».
Poi, quando il discorso si sposta sul big match del Maradona, l’ex attaccante si accende.
«Napoli-Juve? Per me significa ricordi bellissimi»
Fonseca spiega a Tuttosport: «Mi sono fatto conoscere in Europa proprio con le big italiane. Alla Juve trovai una squadra potentissima, una delle più forti d’Europa. Ma non posso dimenticare la Roma: io e i compagni pregavamo Mazzone di lanciare Totti. A 16 anni non avevo mai visto uno con quei colpi».
Il duello Conte–Spalletti
Fonseca ha conosciuto Conte da vicino, da compagno di squadra:
«Era una macchina da guerra. In allenamento era un “cagac…”, sempre esigente, mai una parola fuori posto. Capisci subito perché è diventato un grandissimo allenatore».
Su Spalletti, invece, parola di Tuttosport: «È uno che può farti vincere lo scudetto. A Napoli ha già fatto cose enormi. Quando vinci, incuti timore. Ma Conte è un tecnico che il mondo intero invidia al Napoli».
E aggiunge: «Mio figlio Matias lo ha incrociato all’Inter: diceva che era un martello, ma sapeva far sentire importanti anche i giovani».
Yildiz da “falso nove”? La risposta è secca
«Certo che sì: uno coi suoi colpi può giocare ovunque davanti. Spalletti l’ha già fatto con Totti, non gli manca il coraggio».
I rimpianti, Napoli e quella notte di Valencia
Fonseca non nasconde un rammarico:
«Mi sarebbe piaciuto restare di più nei club in cui ho giocato. E avrei voluto vincere uno scudetto a Napoli. Ma non ci furono neanche le condizioni per restare: mi cedettero alla Roma per salvare la società».
Poi sorride ricordando la sua impresa più iconica:
«I cinque gol al Valencia nel ’92? Indimenticabili».
Juventus di ieri e di oggi
«La mia Juve – racconta a Tuttosport – era fortissima. Dopo il ’98 abbiamo vinto meno, ma eravamo una squadra vera. Oggi ai bianconeri manca ancora qualcosa per spaventare il Napoli. Tocca a Spalletti renderli temibili».
I suoi idoli di oggi e gli eredi
«Mi innamoro ancora di Messi, ovviamente. Ma in Italia mi fa impazzire Nico Paz del Como: destinato a una carriera straordinaria».
E su chi gli somiglia:
«Lewandowski. È destro, io mancino, ma ha movimenti simili ai miei».
Il tifo? Nessuna bandiera
«Per chi tifo tra Napoli e Juventus? Per i due allenatori. Sono loro i veri protagonisti. La Serie A non ha più la qualità dei miei tempi: preferite il fisico alla tecnica e rischiate di non andare ai Mondiali per la terza volta. Ma quando cambierete?».