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Intervistato da Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport, Antonio Di Natale ripercorre la sua carriera, tra aneddoti di vita e scelte calcistiche che lo hanno reso una leggenda dell’Udinese e della Serie A.
Le origini e l’inizio nel calcio
«Sono nato nel quartiere Tribunali a Napoli, ma dopo il terremoto ci siamo trasferiti a Pomigliano. A casa non navigavamo nell’oro: mio padre era carpentiere, e quando non andavo a scuola mi portava con sé al cantiere. Ho fatto il muratore, la “cardarella”, mi facevano verniciare… Ma non era cosa. Il calcio era l’unico modo per uscire da lì. Dopo un provino, Silvano Bini mi segnalò all’Empoli».
L’avventura in Toscana non fu subito semplice: «Dopo quattro mesi scappai e tornai a Napoli, mi mancava tutto. Furono Bini e Montella a convincermi a rientrare. E l’anno dopo proprio Vincenzo se ne andò a Genova. Noi ragazzi stavamo all’Istituto Calasanzio, lo stesso che oggi frequenta mia figlia. A Empoli mi sono stabilito».
Il legame con Udine
«Salgo ogni quindici giorni, ho tante attività lì: immobiliare, scuole calcio, il Totò Caffè. Ho sempre detto che a Udine ho portato il sole, e il mare è a cinque minuti da casa mia».
Come riportato dal Corriere dello Sport, Di Natale racconta di aver rifiutato la Juventus: «Quando c’era Delneri, avevo rinnovato per quattro anni. Non mi andava di partire. Dissi a Pozzo, che per me è stato un padre: “Se proprio volete che vada alla Juve, mi dovete cacciare”».
Palermo e il ruolo da centravanti
Tra gli episodi più particolari della sua carriera, Di Natale ricorda un aneddoto legato al Palermo: «Una domenica Pasquale Marino mi mise al centro dell’attacco. Mo’ che faccio? E lui: “Muoviti e dai una mano alla squadra”. Io non mi muovevo, segnavo e davo una mano alla squadra… ma a modo mio».
Un altro tecnico che ha segnato il suo percorso è stato Silvio Baldini: «Mandò via i vecchi e fece giocare i giovani. Io, Rocchi, Marchionni, Bresciani. Con lui siamo cresciuti».
Nessun rimpianto, ma tanti sacrifici
«In Serie A ho segnato 209 gol, non sono pochi. Mi dispiace quando sento dire che un giocatore è scarso o che un allenatore non è buono. Bastano due partite fatte bene e il giudizio cambia. Io in A ci sono arrivato a 26 anni, e so quanto ho dovuto sacrificarmi».
Sulla Nazionale: «50 partite e 12 gol, in un periodo in cui c’erano Del Piero, Totti, Inzaghi, Montella, Delvecchio… Alla prima convocazione mi ritrovai a tavola con Cannavaro, Maldini, Nesta, Gattuso, Pirlo».
L’ammirazione per Maradona
Di Natale, da buon napoletano, non ha dubbi sul più grande di tutti: «Baggio, Del Piero, Totti… Ma quando ho visto Maradona dal vivo mi sono emozionato».
Come sottolineato dal Corriere dello Sport, l’ex attaccante dell’Udinese ha deciso di non intraprendere la carriera da allenatore: «Ho le mie attività a Udine, i ritiri e gli allenamenti non fanno per me. Diciotto anni di carriera sono abbastanza».
Infine, un pensiero sul Napoli di oggi: «Quest’anno mi diverto di più. Conte è un fenomeno, ha cambiato la testa alla squadra. Lo scudetto? Se lo gioca con l’Inter. Le ultime cinque partite saranno decisive, vince chi ne sbaglia di meno».