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NAPOLI – Giovanni Di Lorenzo, capitano e colonna del Napoli, ha parlato ai microfoni di Radio CRC raccontando il suo legame con la città e la squadra, la crescita sotto la guida di Antonio Conte e la determinazione del gruppo azzurro a lottare per il tricolore.
«Sono già passati sei anni a Napoli, qui sto bene con la mia famiglia ed è successo davvero di tutto. Due anni fa abbiamo vinto lo scudetto e mai avrei immaginato di essere capitano come Maradona. Ogni giorno cerco di meritarmela e di rappresentare al meglio la società e la squadra».
Il terzino azzurro ha svelato anche alcuni aspetti del suo ruolo da leader all’interno dello spogliatoio:
«Spesso sono io a muovermi verso i nuovi per metterli a loro agio. Magari con un messaggio o una chiamata. Consiglio sempre di vivere Napoli da persone normali, non sentendosi diversi. Io esco spesso in centro, scendo e vivo la città serenamente».
Sull’allenatore Antonio Conte, Di Lorenzo ha espresso parole di grande stima:
«Da capitano sono il più vicino al mister e passo i suoi messaggi alla squadra. Fin dal primo giorno c’è stato un legame diretto e leale. Conte è un allenatore fortissimo, già da avversario ne conoscevo il valore. In questi mesi ha confermato tutte le sue qualità. Siamo felici di averlo con noi».
Uno dei punti di forza del Napoli, secondo il suo capitano, è proprio il gruppo:
«Dietro ogni grande squadra c’è un gruppo solido. Quando ci si vuole bene davvero si affronta tutto meglio. Le difficoltà arriveranno, ma ciò che conta è come reagiamo».
Sulla catena di destra con Politano e Anguissa:
«Ci conosciamo da anni e sappiamo leggere i movimenti l’uno dell’altro. Ma è anche merito del mister se l’intensità resta sempre alta. Chi gioca meno è comunque coinvolto e dà un contributo fondamentale».
Tra i leader dello spogliatoio, Di Lorenzo menziona Stanislav Lobotka:
«Lobotka è silenzioso, ma quando la palla pesa è il primo a prendersi responsabilità. Non parla tanto, ma in campo è sempre presente».
A proposito del momento più toccante della stagione:
«Togliendo la Coppa Italia, direi la gara col Bologna. Tornare al Maradona e segnare è stato emozionante. Era importante ritrovare l’amore per la città e i tifosi».
Sul momento in cui ha scoperto dell’arrivo di Conte:
«Ero all’Europeo e si parlava del suo nome. Ho subito pensato che fosse la persona giusta. Dalle prime telefonate mi ha trasmesso fiducia e stima. Mi ha detto che aveva bisogno di me per ripartire, ma anche io avevo bisogno di lui. Ci ha portati a un livello importante in poco tempo».
Non sono mancati accenni ai suoi idoli e al passato:
«Da bambino mi chiamavano “Batigol” perché un dirigente della mia scuola calcio era tifoso della Fiorentina e di Batistuta. Ma non ho mai avuto un idolo preciso. Oggi cerco di imparare dai migliori nel mio ruolo».
Su Kvaratskhelia:
«Ieri ho visto la sua partita con il PSG, è fortissimo. Gli auguro di vincere la Champions League».
Sul sogno scudetto:
«All’inizio sembrava lontano, ora siamo lì. È tutto nelle nostre mani. Serve lavoro, sacrificio e un ultimo passo. Il gruppo è unito e crede nell’obiettivo. Quando sei primo così a lungo non è per caso».
Infine, un pensiero sul futuro e sul legame con Napoli:
«Il futuro dopo il calcio lo vedo lontano, ma stiamo bene qui. Le mie figlie sono napoletane, ho casa a Napoli e sono molto legato a questa città. Il murales dedicato a me? Mi emoziona, resterà per sempre».