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Conte - fonte lapresse - napolipiu.com
La cronaca del rientro di Antonio Conte a Castel Volturno, ricostruita da Fabio Mandarini sul Corriere dello Sport, racconta una giornata sorprendentemente serena dopo giorni di tensioni, allarmi e domande. Nessun caso, nessuna sceneggiata: solo lavoro, fatica, campo. Quella normalità che — come ribadito più volte da Fabio Mandarini sulle pagine del Corriere dello Sport — il Napoli invocava a gran voce a otto giorni dal crollo di Bologna e alla vigilia di un ciclo di ferro.
Dopo tre giorni gestiti dal vice Stellini per un permesso concordato col club, Conte è tornato alla guida del gruppo non impegnato con le nazionali. Pausa chiusa, tuta addosso, comandi ripresi senza proclami. Una seduta intensa, sudore e attenzione ai dettagli: proprio ciò che serviva. La normalità, appunto.
Routine ritrovata
Come ricostruito da Fabio Mandarini nel Corriere dello Sport, lo stop del tecnico durante la sosta aveva destabilizzato l’ambiente: il permesso personale era arrivato poco dopo l’analisi durissima del Dall’Ara, quel «non siamo più una squadra» che aveva fatto rumore più delle tre sconfitte consecutive senza reti. Un discorso crudo, pubblico, impossibile da ignorare.
Eppure, il rientro è avvenuto nel silenzio dei gesti: Conte è arrivato da Torino, ha pranzato con la squadra e alle 14.30 è sceso in campo come se nulla fosse, accompagnato dal fratello Gianluca. Nessun richiamo, nessuna coda polemica, nessun riferimento al passato. Come sottolineato ancora da Fabio Mandarini sul Corriere dello Sport, «nastro riavvolto e testa all’Atalanta»: è questo il messaggio del tecnico.
I nodi da sciogliere
La storia però non finisce qui. Il Napoli ha problemi tecnici, caratteriali e di identità. Il confronto interno dopo Bologna — anche solo davanti a un video — appare inevitabile una volta rientrati i dieci nazionali. La squadra non segna da tre partite, ha smarrito la sua compattezza e ora deve fare anche i conti con l’ennesimo infortunio: Anguissa col Camerun, un altro buco dopo il ko di De Bruyne.
Come ricorda Fabio Mandarini nel Corriere dello Sport, la vera cura passa da due elementi: vittoria e armonia. Il Napoli dello scudetto era una squadra granitica, capace di superare ostacoli enormi — perfino senza Kvaratskhelia al top — grazie a un’identità chiara, collettiva.
È da lì che bisogna ripartire. Dalla normalità, sì. Ma soprattutto dalla capacità di essere di nuovo una squadra.