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Antonio Conte ha aperto il suo cuore ai tifosi del Napoli, rivelando un lato intimo e profondo della sua personalità. Alla vigilia della sfida con l’Atalanta, il tecnico azzurro ha condiviso il suo rapporto speciale con la fede cattolica.
“Sono credente e praticante. I miracoli calcistici non li faccio io, li fa solo un’altra persona. Prego tutti i giorni, anche per i miei giocatori affinché stiano bene, perché come si dice: Dio vede e provvede”, le parole sincere del mister.
Non è una novità per chi conosce bene Conte. Il suo legame con la fede nasce nell’oratorio di Sant’Antonio Fulgenzio a Lecce, dove da bambino faceva il chierichetto portando con orgoglio la candela più grossa. Già allora mostrava la sua innata leadership, coordinando i movimenti degli altri chierichetti.
Il rapporto del mister con la religione va ben oltre i gesti scaramantici tipici del calcio. Lo dimostra l’episodio della bottiglietta di acqua benedetta, immortalato durante un Chievo-Juventus, o i lunghi minuti di contemplazione davanti al Cristo Velato di Napoli.
“La fede aiuta a distinguere il bene e il male, a scegliere la via giusta nei momenti di difficoltà”, spiega Conte. Il tecnico prega ogni sera la Madonna e i Santi, osserva la Quaresima con fioretti che vanno dai dolci al caffè e al vino. Ha anche ricevuto una pergamena con la benedizione da Papa Francesco, del quale ricorda: “Sono rimasto colpito dalla sua semplicità, mancavano delle sedie e si è alzato lui per prenderle”.
“Il perdono fa parte del compito dell’allenatore”, confida Conte a Famiglia Cristiana, “altrimenti su 25 calciatori ne salveresti 10. Prima però si devono far capire gli errori: ci deve essere redenzione”.
La sua storia preferita della Bibbia? Il Figliol Prodigo, perché insegna proprio l’arte del perdono. Un messaggio potente per i suoi calciatori del Napoli, chiamati a seguirlo in questa avventura che sta assumendo i contorni di qualcosa di straordinario.
Il Napoli ha una tradizione di allenatori di fede: da Ancelotti con il suo rosario tra le dita a Reja che festeggiò la promozione in Serie A con un pellegrinaggio al Santuario di Caravaggio, fino a Gattuso che dopo la Coppa Italia proclamò: “C’è un dio del calcio”.
Conte prosegue questa tradizione a modo suo, con una fede autentica che va oltre il campo e che potrebbe essere la chiave per realizzare quello che lui stesso chiama “miracolo sportivo”.