Guallara (con decenza parlando)
Di: Francesco Pollasto
I vocaboli della lingua napoletana
La Guallara
Quando un napoletano vuole avere licenza di dire anche le cose più immonde senza far scandalizzare nessuno, premette “con decenza parlando”; poi può dire qualunque schifezza.
La guallara (ma si pronuncia uallera) è in italiano l’ernia inguinale; è una delle parti del corpo più usate nelle varie esclamazioni napoletane.
La cosa curiosa è che maschi e femmine hanno una diversa definizione di guallara: mentre per gli uomini la guallara è appunto la protuberanza del basso intestino (l’ernia inguinale) per le donne la guallara corrisponde al sacco scrotale (i testicoli). Senza indagare troppo sull’origine di questa disambiguità diciamo, per semplicità, che col termine guallara si possono identificare entrambe le cose, tutte localizzate nell’area …lasciamo perdere.
L’identificazione della guallara con le “palle maschili”, pur se scorretto anatomicamente, è giustificato dall’utilizzo della guallara in locuzioni che esprimono noia, insofferenza.
Ad esempio l’esclamazione “Abbuffà ‘a guallara”, “me staje abbuffanno ‘a guallara” trae origine proprio dalla rotondità del testicolo (con decenza parlando, lo ripeto); le cose sferiche infatti richiamano in noi l’idea del gonfiare. Per cui “me staje abbuffanno ‘a guallara” vuol dire figurativamente: mi stai annoiando, stancando, infastidendo tanto come se mi stessero gonfiando lo scroto (immagina che fastidio).
Sguallariato è infatti il termine che definisce un oggetto allargato, slabbrato, come una maglietta ormai rovinata. I pantaloni sguallariati sono quei pantaloni dei giovani moderni, col cavallo bassissimo, quasi alle ginocchia, come erano i pantaloni dei poveri vecchi che dovevano dissimulare la grande ernia.
Altre locuzioni che riguardano la guallera, diversificate a seconda del fastidio provato sono:
m’ he fatto ‘a guallara a pezzaiuola (mi hai fatto l’ernia alla pizzaiola); ovvero mi hai talmente rotto le scatole da cucinarmi l’ernia alla pizzaiola, con olio, pomodoro, aglio, sale, pepe ed origano. Varianti meno usate sono a guallara ‘a genovese, dove la noia raggiunge i lunghissimi tempi di cottura della carne con le cipolle; oppure m’he fatto a guallara a matriciana lungamente soffritta con pancetta e cipolla; me fatt’ a guallara arrecanata (una versione ridotta della guallara alla pizzaiola).
Ancora me staje scartavetranno ‘a guallara ovvero provo tanto fastidio nello stare con te quanto quello che proverei dallo strofinio della carta vetrata sullo scroto.
Analizziamo adesso altri esempi d’uso: uà, e che guallara che sei si dice di una persona lenta me azzelliato ‘a guallara: mi stai stufando da così tanto tempo, tanto che si sono formate addirittura delle ragnatele, zelle, feline, tra le pieghe della guallera me faie scennere a guallara:
mi stai annoiando al punto di farmi scendere l’ernia, con il conseguente fastidio, me scassato tre quarte ‘e guallara: mi stai scocciando tanto che mi pare di sentire dolori derivanti da una lacerazione parziale della guallara me staie sfrantumman a guallara: mi stai stancando, molestando tanto da causarmi una progressiva distruzione della guallara me scassato ‘a guallara: troppo tardi; mi hai molestato tanto da distruggermi totalmente la guallara mò t’appoio ‘a guallara ncapo: lo dice chi invita l’interlocutore al silenzio; sta zitto, non conti nulla e per dimostrartelo di appoggio la guallara sulla testa, in senso di totale sottomissione
me staje facenno ‘a guallara a plissé; mi stai talmente annoiando che nel mio scroto si stanno formando strane pieghette continue e minute.
Diffuso a Castellammare il modo di dire me fatto a guallara a papiscio, e qui la visione metaforica è straordinaria: il papiscio in stabiese indica il portare un bambino piccolo a “cavalluccio” cioè sulle spalle. Portare la guallara a papiscio intende quindi figurare l’ipotesi in cui mi hai talmente molestato che la guallara è così scesa che per poter camminare devo portarla a papiscio, ovvero sulle spalle.
Simile è la locuzione purtà ‘a guallara a tracolla.
Non confondente papiscio con paposcia, che è un altro sinonimo della guallara (come pure ‘ntoscia). L’abnorme dilatazione scrotale dovuta al tedio si riscontra pure in me fatto scennere a guallara fino a nterra.
Infine ricordo ancora l’inno napoletano dedicato al grande Jarbas Faustinho Canè, giocatore brasiliano del Napoli degli anni ‘60, che lo paragonava al triden-te d’attacco della nazionale brasiliana: “Didì Vavà e Pelè, site ‘a guallara ‘e Canè”
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