Ciccio Romano Il mio Napoli del 87 il più grande di sempre

Ciccio Romano grande regista dello scudetto:  ” Il mio Napoli del 87 il più grande di sempre. Volevamo quello scudetto e ce lo prendemmo”.

Scrive il CdS

Ciccio Romano parla al CdS

Cominciamo , Romano, dall’appellativo che le venne immediatamente offerto ” La tota”.

«Ma non svelo il segreto, quello è mio e di Diego e tale rimarrà fino a quando non decideremo di renderne noto il motivo. Lui non mi ha mai chiamato Ciccio, come facevano tutti: io per lui sono sempre stato la tota e questo per una vicenda, curiosa e gustosa, che è soltanto nostra, un patto di amicizia che resta ed a cui, stavolta, ed è la prima, faccio riferimento. Ma senza rivelarne ulteriori particolari».

La catapultarono in campo a Roma e fu la prima svolta.

«Se permette, vado per gradi e la ricostruisco per intero. Perché ci divertiremo a riviverla adesso». Riportiamo fedelmente. «Gennaio 1986, io ero a Trieste ed affrontiamo l’Ascoli, so che in tribuna c’è Casati, il vice di Ottavio Bianchi, e che è lì per me.

Gioco avendo di fronte Liam Brady, non so se mi spiego. Grossa prestazione in una di quelle giornate in cui la bora ti può portar via. Ed invece resto. Ma anche con piacere, perché rientravo tra i pilastri di quel progetto. Però avevo anche voglia di grande calcio: avevo fatto quattro anni al Milan, ero da tre con la Triestina e quella mi sembrava una opportunità straordinaria».

Il Napoli si distrae, almeno così sembra.

«Leggo accostamenti importanti: Leo Junior, Barbas, e penso sia finita. Invece, e siamo già nella stagione successiva, all’epoca c’era il mercato di riparazione in autunno, arriva Pierpaolo Marino a Trieste ed in un giorno solo chiude l’affare. Dovevamo andare a Bari, parto con la squadra ma non gioco, d’accordo con la società. Dopo la partita, papà mio mi porta a Napoli, firmo ed entro a Soccavo».

Volevamo quello scudetto e ce lo prendemmo”.

Il martedì è dalla serie B alle soglie dello scudetto.

«Esatto. Perché Bianchi trasmetteva anche sicurezze, spegneva le tensioni naturali in una stagione così ricca, in cui si era consapevoli tutti che si stava per costruire la Storia. A volte ci veniva da pensare: adesso o mai più. Ma era un attimo, perché si ebbe presto la consapevolezza della nostra consistenza, anche a livello caratteriale. In quel Napoli lì si combinavano varie qualità, anche caratteriali: gente di spessore, che non avvertiva alcun tipo di timore, dinnanzi alla possibilità di un Evento del genere. Lo volevamo quello scudetto e ce lo prendemmo».

 Mai temuto di perderlo?

«Mai una volta, perché quando pure capitava una giornata storta, e dunque sembrava si potesse lasciare una speranza alle altre, riuscivamo a riprenderci immediatamente ed a togliere qualsiasi illusione. Giocavamo contro squadre spaziali, lo era ad esempio anche quella Juventus. Ma noi eravamo di un’altra dimensione: perché Maradona giocava con noi».

E avevate Diego: cosa sarebbe stato, senza?

«Non so se ce l’avremmo fatta, perché le qualità di ognuno di noi erano indiscutibili, ma Diego è stato e rimarrà il più forte calciatore di tutti i tempi. Uno come lui non nasce più, siamo all’irripetibile. E dunque…». Cos’eravate, insomma? «Il Napoli più grande di sempre, lo dico senza immodestia e senza nulla togliere niente agli altri. Poi non so in quale classifica sia possibile inserirlo, né se ci sarà un altro Napoli capace di batterlo».

 

 

 

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