Carnevale a Napoli. Il 17 gennaio è la festa di sant’Antonio Abate: a Napoli si dà fuoco alle cataste di roba vecchia chiamate cippi e si festeggia l’ingresso di Carnevale.
Il nobile napoletano Giovan Battista del Tufo ci ricorda che nella Napoli aragonese il Carnevale era una festa riservata ai nobili, che partecipavano a giostre, tornei e ricevimenti in splendidi costumi e in smaglianti armature.
Nel XVI secolo nel periodo di Carnevale a Napoli, si organizzavano feste così sfarzose che molti principi e regnanti ambivano farsi invitare a corte.
Durante il viceregno il popolo napoletano si appropriò di questa festa e il Carnevale divenne quasi un’esclusiva manifestazione di popolo, anche se il patriziato non disdegnava di parteciparvi. Il popolo si esibiva nelle strade e nelle piazze, specie in via Toledo e in Largo di Palazzo, con rappresentazioni mascherate e canti carnevaleschi dialogati.
La principale caratteristica di questa festa era la straordinaria diffusione delle maschere presso tutte le categorie sociali.
È rimasta famosa la mascherata organizzata dal principe di Tarsia che, insieme con il fratello, fece sfilare per le vie di Napoli, oltre a paggi riccamente vestiti, la corporazione dei pescivendoli «addobbati di gioie, fattesi prestare dagli orefici a forza di regali di pesce».
Carnevale a Napoli nei secoli
Il Carnevale del 1656 è ricordato per la sfilata di alcuni carri che, negli anni successivi, oltre a rappresentare scene allegoriche, furono addobbati con prodotti mangerecci. Nacquero così i carri-cuccagna legati alle cavalcate e quadriglie dei baroni, dei cavalieri e delle Corporazioni delle Arti. Il popolo, perennemente affamato, vedendo passare tutta quella abbondanza si dava all’arrembaggio e saccheggiava i carri.
A causa degli incidenti, a volte gravi, che si verificavano durante l’assalto ai carri, Carlo di Borbone, nel 1746, decise che i carri-cuccagna, invece di attraversare le vie della città, fossero allestiti davanti al Largo di Palazzo e presidiati da truppe armate fin quando non veniva dato il via per il saccheggio.
I carri in seguito furono sostituiti dalle “cuccagne”. Le cuccagne erano quattro ed erano saccheggiate nelle ultime quattro domeniche di Carnevale.
Lo sparo del cannone da Castelnuovo dava il segnale dell’assalto alla cuccagna, e nel giro di pochi minuti tutto era stato depredato. Per la circostanza, colui che si era aggiudicato il più ricco bottino veniva portato in trionfo come un vincitore.
Carnevale a Napoli e la cuccagna
La cuccagna del 1764, l’anno della carestia, fu tra le più tragiche: il sabato 11 febbraio era stata predisposta ogni cosa, cordoni di granatieri presidiavano la Bengodi napoletana, ma il popolo affamato e indisciplinato assalì i militari e portò via ogni cosa. Dovette intervenire la cavalleria e per riportare ordine si fece ricorso alle armi con un conseguente tributo di sangue da una parte e all’altra.In seguito a questi eventi la cuccagna fu sospesa per vari anni. Fu ripresa nel 1773, ma per prudenza non si tenne più in Largo di Palazzo, ma in piazza Castello, lontano dalla porta principale della reggia.
Nei tempi dei Borboni la festa veniva annunciata al popolo al suono delle tofe (grosse conchiglie soffiando al cui interno si produce un suono cupo simile a quello delle sirene dei bastimenti). Da quel momento il popolo aveva licenza di fare baldoria e abbandonarsi a pantagrueliche scorpacciate.
Molto scalpore fece, in uno dei Carnevali della fine dell’Ottocento, una bislacca cavalcata detta “degli struzzi”, una mascherata molto ben riuscita, invenzione di originali giovanotti. In via Toledo si videro avanzare giganteschi struzzi che precedevano i carri allegorici.
C’era quello sul quale troneggiava l’immancabile cavallo impennato, simbolo di Napoli; seguiva quello con il balconcino dal quale si affacciava la bella popolana, generosa in sorrisi e lancio di fiori; appresso venivano quello dell’Abbondanza con la sua cornucopia, poi il carro della Sirena accolto da scroscianti applausi di apprezzamento per tutta la grazia di Dio che essa metteva in mostra. Dalla folla si levavano i commenti più vari: erano motti arguti, rime salaci, frizzi coloriti, che provocavano sonore e prolungate risate.
Fonte: Camillo albanese: curiosità di napoli-Newton saggistica