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Bologna, nel destino del Napoli. Era il 22 aprile 1990 quando, vincendo per 4-2 al Dall’Ara, gli azzurri misero la prima pietra per conquistare il loro secondo storico scudetto. A guidare quella cavalcata, Albertino Bigon, che oggi vive sui Colli Euganei, ma continua a seguire con passione il calcio.
Intervistato da Il Mattino, Bigon ripercorre quei momenti: «Ci sono posti speciali per le squadre di calcio. Quel giorno fu straordinario: vincevamo a Bologna mentre il Milan perdeva a Verona. Fu una vera invasione di tifosi azzurri, e sette giorni dopo, con il gol di Baroni alla Lazio, cucimmo il tricolore».
Oggi il Napoli torna al Dall’Ara con un’altra possibilità importante: «La frenata dell’Inter apre uno spiraglio. La rosa di Inzaghi resta la più completa, ma in questi casi sono i dettagli a fare la differenza. E le insidie arrivano sempre dai campi delle cosiddette “piccole”», ricorda Bigon, che nel 1973 visse sulla propria pelle la “fatal Verona” da giocatore del Milan.
Sulle polemiche del 1990 legate alla monetina di Alemao, Bigon è netto: «Una fesseria insopportabile. Quel punto non fu decisivo e comunque erano le regole del tempo. Non accetto che ancora si parli di quella storia».
Commovente il suo ricordo di Diego Armando Maradona: «Non riesco ad accettare come sia morto, solo e abbandonato. Mi fa rabbia pensare a come è finita una leggenda che ha reso felici milioni di persone».
Bigon si sofferma poi su Antonio Conte, suo ex giocatore ai tempi del Lecce: «Un predestinato. Quando Trapattoni mi chiese un parere su di lui, risposi che era pronto. Mi aveva promesso di prenderlo solo in estate, ma a novembre era già alla Juve. Al Trap però l’ho perdonato subito».
Sul confronto tra vincere da giocatore e da allenatore, Bigon sottolinea: «Ha ragione Conte. Vincere da calciatore è molto più bello: io lo vissi nel 1978 col Milan, accanto a gente come Rivera e Capello. Da allenatore, invece, ci sono notti insonni e mille pensieri».
Infine, un parallelo tra il Napoli di oggi e quello del suo tempo: «Conte sa ottenere il massimo dai suoi uomini. È un leader straordinario. Anche il mio Napoli era pratico ed essenziale: vincere così, con concretezza, è la cosa più bella che esista».